“Lei ha l’alzheimer”: finisce davvero la vita?
Nei giorni scorsi una figlia la cui mamma ha ricevuto la diagnosi di demenza solo alcuni mesi fa, dopo aver vissuto ripetuti episodi nei quali usciva per fare la spesa in paese e non riusciva più a trovare la strada di casa, mi ha chiesto se può essere utile per la sua mamma aiutarla a sbrigare le faccende domestiche.
A questa domanda io ho risposto semplicemente:
“ Ma la tua mamma fino al giorno della sua diagnosi lavava i piatti? Spolverava i mobili del salotto? Scopava il pavimento della cucina ? Mondava le verdure?“
La sua risposta è stata: ”Certo che sì!”
Allora perché nel momento in cui una persona riceve una diagnosi di demenza cambia il modo attraverso il quale noi vediamo quella persona ?
O in base a quale criterio giudichiamo che la nostra mamma il nostro papà non siano più capaci di svolgere compiti che fino a poche ore prima eseguivano in totale autonomia e subito dopo aver visto scritto su un pezzo di carta il termine ”demenza”, sentiamo il bisogno di sostituirci a loro in queste semplici attività togliendo loro dignità?
Perché l’idea che si è diffusa di questa malattia è che, privando le persone delle loro capacita cognitive possa venir meno anche la loro autonomia, ma non è così!
Perché può sicuramente accadere che mentre la nostra mamma sta caricando la lavatrice con le lenzuola non ricordi il programma che era solita avviare per lavarli, o ancora non ricordi quale è il flaccone del detersivo da utilizzare , ma certamente se le chiediamo di aiutarci a stendere i panni lavati saprà con grande maestria fissare i capi al filo dello stendino in modo che non rimangano i segni della molletta sugli indumenti, come ricordo mi insegnava la mia nonna.
O ancora se chiediamo al nostro papà di aiutarci a preparare la tavola per il pranzo indicando dove si trovano la tovaglia, i bicchieri, i piatti , se non era solito aiutare la mamma in questa attività proverà un grande disagio, al contrario se amava curare il giardino e gli chiediamo di aiutarci a raccogliere le foglie con il rastrello potremmo ammirarne la sicurezza , la disinvoltura, l’abilità.
Questi esempi ci fanno comprendere come sia molto importante per i nostri cari che convivono con la demenza sentirsi utili e coinvolti, sentire la nostra vicinanza, la complicità che possiamo offrire loro nei momenti di difficoltà per vivere ancora istanti carichi di emozione che diventano linfa vitale per il nostro e il loro cuore.
Harry Urban maestro speciale che da 14 anni convive con la demenza scrive : “La mia più grande paura. Vivendo con la demenza, è che le persone che si prendono cura di me finiscano col farmi diventare un disabile a tutti gli effetti facendo tutto al posto mio. Ci sarà un momento in cui avrò bisogno di maggiore assistenza, ma fino a che non arriverà quel giorno, lasciatemi fare tutto quello che riesco. Lasciatemi vivere con il mio Alzheimer fino al giorno in cui non potrò più fare le cose di tutti i giorni con dignità. Proteggimi permettendomi di lottare.”