L’approccio non farmacologico per le persone con demenza e alzheimer: il punto di vista del Sente-mente® modello

L’approccio non farmacologico sembra essere il modo più efficace ed “umano”, tuttavia nasconde alcune insidie quando orientato più agli oggetti che non alla relazione. I disturbi del comportamento rappresentano un “problema” importante per famigliari e professionisti, a domicilio come in residenza per anziani.
Nelle persone che vivono con demenza il 50% manifesta comportamenti di aggressività fisica e verbale e questo avviene durante lo svolgimento delle attività di cura (24% durante la vestizione, 12% durante la somministrazione della terapia o la pratica delle medicazioni, 7% durante l’accompagnamento a letto).
Partire da noi, operatori o caregiver, per costruire l’autoefficacia necessaria è la strada per ridurre i disturbi del comportamento. Nell’articolo alcune suggestioni e qualche spunto per trasformare “l’atto del curare” nell’attività dell’avere cura e creare relazioni efficaci
Perchè accade questo?
Le giornate frenetiche, cariche di incombenze e di compiti da portare a termine, ci espropriano della capacità di avere cura, di essere orientati con cuore al benessere ed la felicità delle persone che ci vengono affidate. Conclusioni? Il senso di colpa si ingigantisce mentre quello di impotenza si moltiplica. Accade così che sentiamo di non farcela più, che l’ impegno è inutile e che nulla possa migliorare la situazione. E poco cambia se il caregiver è un operatore: il suo senso di impotenza va a logorare la motivazione e la capacità di progettare nuove e più efficaci azioni.
Ma non è ancora tutto: la biochimica scatenata dallo stress percepito ricca di cortisolo, soffia sul fuoco della reattività, peggiora la salute e diventa ladra di energia. I pensieri farciti di quel “tanto non serve a nulla” agiscono dentro la mente riducendo sempre più la capacità di mantenere il focus, la speranza e l’autoefficacia necessari per donare una Cura gentile, generosa ed efficace.
Qualche idea dagli studi scientifici di riferimento
Molti sono gli studi scientifici fatti intorno all’argomento dei disturbi del comportamento. Ne riporto un paio:
J. Cohen Mansfield nel 2013 affermano “nella pratica clinica, le risposte più comuni ai disturbi comportamentali sono farmacologiche, utilizzando principalmente farmaci antipsicotici. Tuttavia, numerosi studi di ricerca supportano l’idea che questi disturbi comportamentali nella demenza siano correlati a bisogni insoddisfatti che possono essere affrontati con interventi non farmacologici (…) più comunemente dolore e disagio, bisogno di contatto sociale, bisogno di supporto e bisogno di stimoli che alleviano la noia. In pratica, le vie per affrontare i bisogni insoddisfatti dovrebbero dipendere dalle capacità e dalle preferenze della persona. Pertanto, gli interventi non farmacologici personalizzati per la persona con demenza comprendono una risposta superiore ai disturbi comportamentali e dovrebbero essere utilizzati come trattamenti preferenziali”
La dott.ssa Susan Macaulay nel 2018 scrive “i comportamenti delle persone che convivono con la demenza (PLWD) che i caregiver trovano impegnativi o problematici sono stati principalmente attribuiti alla malattia di Alzheimer e alle relative demenze; essi sono stati valutati attraverso la lente biomedica dei sintomi comportamentali e psicologici della demenza (BPSD ) Il fatto che molti dei comportamenti che chiamiamo BPSD siano normali risposte umane a particolari insiemi di circostanze può essere dimostrato in modo relativamente semplice osservando direttamente i comportamenti individuali di PWLD e inserendoli nel loro contesto, e chiedendoci come risponderemmo noi in condizioni simili. Rivalutare l’uso del costrutto di BPSD e sostituirlo con un approccio incentrato sulla persona piuttosto che sulla malattia si tradurrà in un’assistenza migliore e in residenti e personale di assistenza (o familiari) a lungo termine più sani e più felici”
Consapevolezza dell’agire
I disturbi del comportamento spesso sono innescati dalle pratiche di cura e assistenza. Per questo possiamo affermare che se non riusciamo a cambiare la nostra percezione, il nostro atteggiamento nei confronti delle persone con demenza rischieremo sempre di trovare la loro resistenza. Nel tempo a contatto con loro spesso dimentichiamo che il loro canale comunicativo è stato, totalmente o in parte, sostituito dal canale emozionale; eppure noi continuiamo a proporci attraverso il canale della comprensione, della comunicazione verbale e del ragionamento.
Le persone con demenza, che sentono difficoltà nel comprendere il nostro messaggio cognitivo, mantengono una grande capacità di provare le loro emozioni, di sentire e riflettere le nostre, di vivere il momento presente. Per loro, nella relazione, non contano le parole, conta il tono della voce, la mimica facciale, lo sguardo, le azioni. Per questo si infastidiscono quando sentono la nostra fretta, la nostra agitazione, la nostra preoccupazione e la riflettono nei loro gesti. Esattamente come Letizia Espanoli, nel suo ultimo libro “La gentilezza nelle relazioni di cura” racconta.
Dobbiamo acquisire una nuova consapevolezza, una percezione più reale della vita con la demenza. E’ fondamentale tornare ad un approccio centrato sulla persona, come essere unico, speciale, con la sua storia, le sue scelte, i suoi desideri e i suoi bisogni . Persona che ha la necessità di godere di un tempo per essere ascoltata, supportata ed aiutata nelle sue espressioni e realizzazioni quotidiane. Persona che vuole ancora poter dare direzione alla sua vita, a ciò che ancora ha, per lei, senso e significato.
La grande sfida è dunque quella che ci chiede di cambiare modalità nell’osservare, valutare e rispondere al linguaggio che c’è dietro a quel comportamento, dietro a quell’urlo, dietro alla resistenza.
La consapevolezza del “cosa” e del “come”
Ecco allora che passare dalla conoscenza alla consapevolezza è il primo step per noi, familiari o operatori che siamo. Consapevolezza del nostro “stare”, fisico e mentale, delle nostre emozioni, della nostra energia. Essere coscienti di “dove siamo” ci permette di filtrare gli avvenimenti partendo dalle nostre azioni. Costruire il “cosa vogliamo e possiamo fare accadere”, tenendo conto della persona che abbiamo davanti, del contesto in cui ci troviamo, dei mezzi e delle risorse che abbiamo a disposizione è il sentiero da percorre. In questo ambito che possiamo fare la differenza per la persona che vive con demenza; possiamo imparare a mettere l’attenzione sulle tre grandi aree di indagine che sono rappresentate dal dolore, dall’ambiente e dalla resistenza all’assistenza (fattori che esploreremo nel prossimo articolo)
Arriviamo cosi al “come”, il modo in cui scegliamo di fare la differenza, ancora una volta. Quel “come” colmo dei superpoteri che ogni caregiver possiede, ma di cui deve avere competenza e conoscenza.
“Non c’è cura senza relazione, non c’è cura senza quell’incontro che ci trasforma, non c’è cura senza impegno fatica e intenzione” afferma Elena Mantesso
La relazione è sempre possibile a partire da te
Le persone con demenza vivono di emozioni, di relazione, di contatto. Solo partendo dai distrubi del comportamento possono essere ridotti. E, lavorando sulla nostra autoefficacia nell’avere Cura di noi stessi e di loro, sulla nostra capacità di metterci in gioco e sulla nostra volontà di aggiungere consapevolezza alla conoscenza, potremo sempre trovare una strada..
Allena il tuo sentire rispetto a:
- la capacità di fermarci e respirare prima di iniziare qualsiasi cosa, prima di rispondere, prima di reagire
- la possibilità di donarci delle oasi di relax, di ritagliarci un tempo per noi per costruire la nostra serenità
- l’ingegnosità di scovare indizi speciali che possono variare l’esito della giornata
- la sagacia di non dare risposte scontate alle domande che inevitabilmente ci porgiamo davanti a ciò che accade
- l’abilità di condire le giornate con una infinita leggerezza
- la conoscenza delle storie di vita e delle cicatrici dei ricordi
La relazione è sempre possibile a partire dagli strumenti che scegli di avere
E poi, essere consapevoli degli strumenti che naturalmente possiamo utilizzare per rendere la nostra presenza più efficace:
- un tocco gentile e garbato
- una voce con tono basso e caldo, che porta serenità e non risulta giudicante
- una mimica facciale che esprime presenza, calma, vicinanza
- un contatto oculare diretto a creare apertura, riconoscimento e rispetto
- una parola delicata che restituisce dignità al momento difficile.
Sono le emozioni che ci attraversano che aggiustano la lente, riflettono il nostro modo di guardare alle persone che vivono con la demenza e abbattono lo stigma. Le domande da porsi ” Sono persone da aggiustare o persone che hanno bisogno di qualcuno accanto che permetta loro ancora di sognare e desiderare? Ho davanti la malattia con le sue privazioni o la persona con una rosa di possibilità da accendere?”
Ecco allora che investire sulla nostra capacità di trovare sempre una strada diversa, di porre attenzione ai dettagli , di accendere momenti memorabili, di costruire istanti sereni è una azione efficace per abbattere il senso di impotenza. E così costruire nuove opportunità capaci di dare sempre senso e significato alla vita.
Quindi…
Per costruire l’autoefficacia necessaria per dare risposta ai disturbi del comportamento è necessario ricordare e agire sempre tenendo conto che la qualità della cura inizia dal tuo mindset, da come tu guardi alla malattia. E’ così che:
- puoi vedere una opportunità dentro al limite che hai davanti,
- puoi immaginare una sfida per continuare a costruire tutta la strada possibile;
- puoi porti domande che aprono a nuove riflessioni,
- puoi scoprire un nuovo stress che non distrugge ma che accende la speranza,
- puoi scegli ere parole che aprono a nuove prospettive, domandarti ancora una volta “E se fosse…”
Diventa costruttore di relazioni autentiche in cui tu sei parte coinvolta e attiva, in quella reciprocità che diventa terreno fertile anche quando sembra che nulla possa più accadere.
Per te che vuoi sempre saperne di più ti consiglio di non perderti l’evento previsto per il 25 maggio “L’approccio non farmacologico alle persone con demenza” nel quale Elena Mantesso insieme a Letizia Espanoli apriranno nuove finestre di consapevolezza.
Ti aspettiamo
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* Bibliografia
Puoi leggere Disturba chi? di Letizia Espanoli