Come creare formazione alla sicurezza ed alla Buona Cura in RSA: investire nel personale

C’è un momento esatto in cui una casa per anziani smette di essere solo un luogo di lavoro e inizia a diventare una comunità che cresce: quel momento si chiama formazione per la Buona Cura e la sicurezza.
Molte organizzazioni pensano alla formazione come a un obbligo normativo. Un compito da svolgere, un’aula da riempire, una firma da ottenere. Ma la formazione autentica – quella che trasforma – non è un adempimento, è un atto di coraggio. Un gesto organizzativo potente, che nasce da una consapevolezza limpida: non siamo perfetti, ma vogliamo migliorarci.
E questa consapevolezza è una scelta di identità.
La formazione è una postura, non un corso per la sicurezza
La cultura della formazione continua è un muscolo organizzativo che va allenato ogni giorno. E si allena se, alla base, esiste una scelta: scegliamo di guardare le nostre criticità non con vergogna, ma con desiderio di evoluzione.
Non si tratta di riempire teste, ma di allenare abilità. Non si tratta di trasferire contenuti, ma di attivare processi. Come ci ricorda il modello Sente-mente®, la formazione ha senso solo se si traduce in tre parole: azione, coerenza, accompagnamento.
Chi deve essere formato alla Buona Cura? Tutti.
L’errore più comune? Pensare che in aula debbano andarci solo gli OSS.
Ma chi fa cultura in una casa? Chi gestisce i processi, chi assegna le priorità, chi definisce il tono della giornata?
Le figure di coordinamento, la direzione, i leader informali sono parte integrante del cambiamento. Se l’OSS esce da un corso motivato e il giorno dopo trova un coordinatore che non conosce gli strumenti appresi, abbiamo sprecato un’opportunità. Il formatore propone strumenti, ma è l’organizzazione che li rende pratiche.
Serve un patto:
- In aula: tutti.
- In residenza per anziani ci si allena, di lezione in lezione alle nuove “visioni” e competenze
- Il team di leadership verifica, sostiene, corregge, affianca. In poche parole “allena” le azioni di processo necessarie al risultato
Perché il cambiamento non si realizza con un corso, ma con un contesto che lo custodisce.
La formazione come specchio dell’identità organizzativa per la Buona Cura e la sicurezza
Secondo il modello delle Learning Organization di Peter Senge, le organizzazioni davvero evolute sono quelle che imparano continuamente, in modo condiviso e intenzionale.
Non si tratta di erogare contenuti, ma di attivare dinamiche:
- Riflessione strutturata sui comportamenti.
- Domande potenti che aiutano a superare automatismi.
- Spazi di sperimentazione, anche con l’errore.
Chi si forma insieme, costruisce un linguaggio comune. E ogni cultura organizzativa si rafforza quando tutti parlano la stessa lingua della cura.
Esercizi per casa e nuove responsabilità
Il tempo dell’aula non basta. La trasformazione richiede tempo, terreno fertile, irrigazione costante. Ecco perché la formazione oggi non può esaurirsi nel “momento formativo”.
Serve una filiera:
- L’aula: luogo di apertura, stimolo, visione.
- Le esperienze tra una lezione e l’altra: atti quotidiani da sperimentare e radicare
- Il ritorno in aula: luogo di confronto e consolidamento.
- La verifica in équipe: momento di risonanza e revisione.
Se ogni formazione diventasse una palestra interna, quanto potremmo crescere davvero?
Testimonianze che illuminano
“Dopo il corso ho guardato la sala da pranzo con occhi nuovi. Ho capito che potevo incidere sul clima, non solo distribuire il cibo.” – Operatrice della cucina.
“Il corso mi ha fatto capire che anche nel pulire una stanza posso comunicare accoglienza.” – Addetta alle pulizie.
“Abbiamo iniziato a interrogarci tra colleghi: non solo su cosa facciamo, ma su come lo facciamo.” – Coordinatore.
Le voci di chi si è formato raccontano un messaggio chiaro: la formazione accende la consapevolezza del proprio impatto.
Cosa racconta la formazione che scegli?
Ogni scelta formativa racconta qualcosa.
- Racconta la tua idea di cura.
- Racconta quanto credi nel tuo personale.
- Racconta se stai costruendo un’organizzazione che evolve o che sopravvive.
Allora oggi possiamo chiederci:
“Quale formazione abbiamo scelto quest’anno? E cosa racconta di noi?”
Perché la formazione non è un extra.
È ciò che rende le mani competenti, i gesti coerenti, e la cura… davvero cura.
Progettare la formazione: dalla consapevolezza all’evoluzione
Ogni buona formazione nasce da una domanda onesta: “Quali sono oggi i nostri punti ciechi?” Progettare un percorso formativo non significa scegliere un titolo da un catalogo, ma costruire un intervento su misura, che tenga conto della storia, della cultura, delle criticità e delle potenzialità della struttura.
Da dove partiamo? Il check organizzativo
Il primo passo è raccogliere dati non solo sulle competenze tecniche mancanti, ma sulla qualità della cultura organizzativa:
- Come si comunica nella nostra casa?
- Qual è il livello di motivazione misurata?
- Quali sono le azioni strategiche che hanno perso significato?
- I lavoratori si sentono protagonisti o esecutori?
Una struttura che lavora per compiti, ad esempio, rischia di perdere la visione d’insieme, trasformando la cura in una catena di gesti tecnici. In questi casi, la formazione deve riumanizzare e rigenerare: aiutare le persone a recuperare la finalità del loro agire, a vedere il residente come persona e sé stessi come professionisti della relazione.
I segmenti formativi
Un buon progetto si articola in più livelli:
- Fondazione – Formazione comune a tutti, che ristabilisce senso, visione e linguaggio condiviso.
- Specializzazione – Percorsi specifici per ruoli (es. OSS, cucina, pulizie, animazione, coordinamento).
- Allenamento sul campo – Schede pratiche, micro-sfide, osservazioni partecipate.
- Verifica e rilancio – Rilettura dei cambiamenti, indicatori di processo e di risultato.
- Procedure e istruzioni operative rigenerate per creare la “cultura” interna. Fondamentale per continuare a vivere i cambiamenti, per formare i “nuovi assunti”, per vivere lo storytelling della nostra organizzazione
Come valutiamo se sta funzionando?
Ogni progetto di formazione deve dotarsi di indicatori chiari. Alcuni esempi:
- Di processo: numero di micro-allenamenti effettuati in équipe; grado di partecipazione ai momenti formativi, numero di interventi dei leader interni…
- Di risultato: miglioramento della comunicazione interna; riduzione dei reclami; aumento della soddisfazione degli operatori e dei residenti…
E poi ci sono gli indicatori “invisibili ma tangibili”: lo sguardo degli operatori, la qualità del tempo, il clima nei corridoi.
Conclusione: scegliere di crescere insieme
La formazione continua è una scelta organizzativa e strategica. È decidere che ogni persona che lavora in una RSA ha diritto a crescere, a sentirsi riconosciuta, a migliorare la propria professionalità. E’ avere chiara la meta e dove abbiamo i piedi. La formazione è lo strumento per ridurre il gap tra i nostri valori ed i nostri risultati, rigenerando le azioni
Ma non solo. È anche decidere che ogni residente ha diritto a essere circondato da persone competenti, motivate, attente, umane.
Allora oggi, in fondo a questo articolo, puoi scegliere:
Rimettere la formazione nel cassetto delle “cose da fare quando ci sarà tempo”…
oppure
Aprire uno spazio nuovo in cui fare fiorire le competenze, le relazioni, la bellezza della cura.
Perché una casa che cresce è una casa che forma. Ed una casa che forma… è una casa che sa creare Buona Cura.
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