Intelligenza artificiale e cultura della Cura in Rsa

L’intelligenza artificiale non è più un futuro immaginato, ma un presente silenzioso. Ci accompagna quando apriamo Google Maps, quando cerchiamo un film su Netflix, quando compiliamo un documento. Oggi l’IA sta iniziando a entrare anche nel mondo della cura, creando enormi possibilità ma anche rischi profondi. Essa va vista per quello che è: uno strumento al servizio dell’uomo, non una magia che lavora al posto nostro. Pensiamola come un amplificatore: moltiplica ciò che le trasmettiamo. Se mettiamo competenza e attenzione, l’IA può amplificarle aiutandoci a lavorare meglio. Ma questo, ovviamente, vale anche al contrario.
In nessun modo l’IA può sostituire la sensibilità umana: nessun algoritmo, per quanto sofisticato, è in grado di “leggere” una espressione di dolore silenzioso o di rispondere con umanità a una richiesta implicita.
Per questo, l’ IA non è la ciliegina sulla torta da aggiungere superficialmente al lavoro di cura, sperando faccia miracoli. È utile solo se integrata con competenza e visione. Al contrario, senza la passione e il l’intervento attivo, nessuna macchina potrà salvarci dalla routine o dalla disumanizzazione.
La domanda vera è: abbiamo una cultura organizzativa capace di accompagnare questo cambiamento?
L’intelligenza artificiale è già tra noi: ci renderà migliori?
Ci sono RSA che utilizzano ChatGPT per scrivere lettere ai familiari, report, comunicazioni interne. Ma c’è una domanda che arde sotto la cenere: se sto delegando alla macchina le parole del cuore, che cultura sto costruendo? La cultura organizzativa: quella cosa invisibile che comunica in modo prepotente, più delle mie intenzioni e delle mie parole. Ogni RSA ha un clima. Un “come si fanno le cose qui”. Anche se non è scritto da nessuna parte, lo si respira al primo passo: nei corridoi, negli sguardi, nei silenzi, nel modo in cui si da una indicazione o si chiede un favore. Questa è la cultura organizzativa interna. Non è teoria: è ciò che tiene insieme (o sgretola) le relazioni, i processi, la qualità della cura. È l’insieme di valori, abitudini, linguaggi, rituali, convinzioni e regole (esplicite o implicite) che modellano il modo in cui le persone lavorano, si parlano, affrontano i problemi. In RSA, questo impatta tutto: il benessere degli operatori, l’accoglienza dei familiari, la dignità dei residenti.
Cosa la compone?
- I valori in cui si crede (davvero).
- Le regole scritte e non scritte che orientano le scelte.
- I rituali quotidiani che danno senso e identità (es. leggere le consegne)
- Il tipo di leadership che guida (o frena) la crescita.
- La qualità della comunicazione: chi parla, chi ascolta, chi viene escluso.
La cultura nasce dalla storia della casa, da chi l’ha fondata e da chi oggi la governa. La costruiscono i gesti quotidiani, le crisi, i successi, le dimenticanze, le parole usate nei corridoi. I nuovi arrivati (operatori, residenti e famigliari) la respirano, la assorbono o la respingono. E soprattutto: si può cambiare. Ma servono scelte intenzionali. Perché è vitale in una RSA? Perché fa la differenza tra una casa che cura e una che solo assiste. Tra una squadra che collabora e un gruppo allo sbaraglio. Tra una organizzazione che innova e una che sopravvive.
Ed in tutto questo quale è il ruolo dell’intelligenza artificiale?
L’IA può essere un alleato prezioso ma non cambia nulla se prima non si cambia la cultura. Nessuna tecnologia può sostituire il bisogno di fiducia, chiarezza, ascolto, rispetto. L’IA serve se la squadra è già orientata a condividere, riflettere, migliorare. Altrimenti, è solo un’altra novità da subire. Parlare di cultura organizzativa non è una moda. È capire cosa succede davvero ogni giorno in residenza, al di là delle procedure. È osservare chi viene ascoltato, come si trattano i problemi, come si decide chi ha voce. È l’unico vero motore della qualità. E se oggi vuoi innovare, anche con l’intelligenza artificiale, questo è il punto da cui partire.
L’AI non sostituisce, accompagna (se sappiamo come)
L’ esperienza di Teiacare lo dimostra: l’IA può raccogliere dati in tempo reale sull’assistenza, sollevare il personale da incombenze burocratiche, restituire informazioni utili per personalizzare la cura. Non sostituisce l’operatore, ma gli permette di tornare a essere ciò per cui ha scelto questo lavoro: stare in relazione con le persone. Ma attenzione: senza una cultura condivisa, l’IA rischia di diventare solo un altro carico di lavoro, o peggio, uno strumento disumanizzante.
Come ogni innovazione, l’IA porta benefici solo se la orientiamo verso la qualità della vita di residenti, operatori e famiglie e la qualità del lavoro di cura. Non ha senso introdurre nuove tecnologie solo per moda o per “far vedere che innoviamo”. Ha senso invece abbracciarle quando possono davvero migliorare i risultati della Buona Cura.
Ad esempio, alcune esperienze nelle RSA italiane mostrano che introdurre sistemi intelligenti può alleggerire le incombenze ripetitive degli operatori e garantire più tempo di relazione, che è tempo di Cura . Se un software o un sensore si occupa di monitorare in automatico certi parametri o attività, l’operatore può dedicare quei minuti in più ad ascoltare la persona, a parlare con un familiare, a creare vicinanza. L’innovazione tecnologica, dunque, andrebbe sempre valutata con una domanda-guida: sto mettendo tutto questo al servizio della persona? Se la risposta è sì, perché aumenta la sicurezza, la dignità e il benessere di chi è coinvolto, allora vale l’impegno procedere. L’intelligenza artificiale può essere anche un allenatore invisibile. Ti suggerisce, ti semplifica, ti sfida a pensare meglio. Ma non decide per te. Ogni volta che scrivi un prompt, ti alleni a formulare un pensiero. Ogni volta che leggi una risposta, puoi scegliere se copiarla o trasformarla.
L’IA non è una stampante magica. È uno specchio. E riflette la qualità del nostro pensiero.
Il pericolo della “cura automatica”. Nei nostri progetti, vediamo che l’uso dell’AI può migliorare la qualità assistenziale, ridurre errori, personalizzare gli interventi. Ma guai a pensare che basti premere un bottone. La tecnologia non cura. Cura chi sa usarla bene. L’IA, elaborando enormi quantità di dati, può aiutare i professionisti a scegliere decisioni migliori. Ad esempio, esistono sistemi di supporto clinico decisionale che analizzano i parametri del residente e suggeriscono possibili interventi o approfondimenti in tempo reale. Oppure piattaforme di teleassistenza intelligente che segnalano ai caregiver quando è il momento di una certa terapia o esercizio, adattandosi ai bisogni specifici di quella persona. Questo significa cure più personalizzate: l’IA può far emergere pattern o necessità nascoste, così che il progetto di assistenza sia davvero personalizzato su bisogni e desideri. Anche qui, però, la tecnologia non decide da sola ma affianca il professionista, il quale rimane il responsabile ultimo che valuta e adatta i suggerimenti al contesto reale.
Ho paura quando sento dire: “Me lo faccio scrivere da ChatGPT”. E tu? Sai riconoscere quando l’AI ti sta facendo diventare più pigro, più prevedibile, più scollegato?
Il tuo team sa come usare l’AI in modo etico?
Avete fatto formazioni su questo tema?
Chi decide cosa è utile o no nell’uso dell’intelligenza artificiale in struttura?
Una sfida di consapevolezza collettiva
L’adozione consapevole dell’intelligenza artificiale richiede trasparenza, governance e dialogo. Serve una leadership capace di accompagnare il cambiamento con strumenti semplici ma profondi: formazione, verifica dei processi, coinvolgimento dei team. La vera domanda non è “cosa può fare l’AI?”, ma “chi diventiamo mentre la usiamo?” L’intelligenza artificiale non ci ruba l’anima. Ma ci chiede di essere presenti. E allora, invece di chiederle solo “fammi una relazione”, chiediamole:
a. Aiutami a pensare meglio
b. Aiutami a vedere altre possibilità
c. Aiutami a costruire una cultura che cura, non che compila documenti
Call to Action
Per i professionisti delle RSA. Inizia oggi a usare l’IA per riflettere meglio. Scrivi un prompt potente. Non chiedere solo “fammi un testo”, ma “ispirami a diventare migliore nel mio lavoro”. Condividi con il tuo team ciò che hai scoperto.
Per i direttori. Convoca una riunione strategica sul tema e rispondete insieme:
a. abbiamo un codice etico sull’uso dell’AI?
b. chi forma i team all’utilizzo responsabile?
c. in quali aree può aiutarci?
d. in quali aree dobbiamo porci dei limiti?
E se vuoi costruire una politica organizzativa sull’uso dell’intelligenza artificiale nella tua organizzazione contattaci. Abbiamo strumenti, riflessioni e formazione pratica per accompagnarti.
L’intelligenza artificiale può essere una scorciatoia o una palestra. Dipende da te. Se scegli la seconda, allora è il momento di allenare testa, etica e squadra. Perché una cultura che cura non nasce dai codici, ma dalle scelte quotidiane.
Autori:
- Guido Magrin è il CEO e co-fondatore di TeiaCare, una startup italiana nata nel 2018 con l’obiettivo di portare innovazione tecnologica nel settore dell’assistenza sociosanitaria, in particolare nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali). L’idea di TeiaCare nasce da un’esperienza personale di Magrin: dopo aver vissuto le difficoltà dell’assistenza al nonno in una RSA, ha deciso di impegnarsi per migliorare le condizioni degli anziani e degli operatori attraverso soluzioni digitali basate sull’intelligenza artificiale. info@teiacare.com
- Letizia Espanoli è CEO di Letizia Espanoli Group SRL e ideatrice del Sente-mente® modello, nato nel 2014 per portare una nuova visione della cura per le persone che vivono con demenza nelle Rsa. Autrice di “Per una organizzazione che cura”, “Dar casa al tempo fragile”, “La gentilezza nelle relazioni di cura”, “Giù le mani dai vecchi”, “Disturba chi?” ha recentemente pubblicato un nuovo manuale per portare l’attenzione sul tema della contenzione in Rsa ed ha proposto una metodologia capace di accompagnare l’organizzazione alla Buona Cura. Oggi è consulente e formatrice in numerosissime realtà italiane ed è direttore didattico del “Sente-mente training”, il percorso per la formazione dei professionisti italiani al modello (felicitatori) Letizia.espanoli@sente-mente.it