Accompagnare ad accogliere il dolore

“Dai parole al dolore. La pena che non parla mormora in fondo al cuore e lo invita a frantumarsi” (W.Shakespeare)
Nell’articolo precedente abbiamo esplorato il territorio dell’accoglienza dal punto di vista di professionisti della cura e della relazione in ambito domiciliare, e cioè quali attitudini curare dentro di noi per far si che l’incontro a domicilio diventi “terapia” attraverso una sana e consapevole relazione di cura.
Abbiamo fatto il punto sull’importanza di investire sulla relazione come fondamento e presupposto affinché la fiducia renda fertile l’essere accanto alla persona e alla famiglia in un momento di fragilità come la malattia e la sofferenza ad essa legata. È questo un tempo delicato, dove il professionista è chiamato a prendere per mano coloro che vivono l’esperienza del dolore che anticipa il momento della perdita di un proprio famigliare per accompagnare con attenzione e cura. Un tempo in cui, per i famigliari, la parola “accoglienza” si tinge di sfumature imprevedibili, di combinazioni di colori inaspettati che hanno bisogno delle abili mani dell’artista per renderli armoniosi.
Sì, perché lo “stare accanto” è un’arte che si affina allenando con costanza visione positiva, ascolto attivo e sospensione del giudizio. Come esseri umani prima e come operatori domiciliari poi, abbiamo a disposizione ogni giorno infinite possibilità di sperimentarci con queste abilità: ogni persona e famiglia alla quale facciamo visita, le innumerevoli interazioni umane che stabiliamo ogni giorno con i nostri famigliari, con i colleghi. Quando scegli di crescere e maturare queste capacità, ogni relazione diventa per te una palestra per allenare i muscoli dell’accoglienza incondizionata dell’altro.
Come si può accompagnare una persona/famiglia ad accogliere il dolore legato all’avvicinarsi del momento in cui dovranno salutare “per sempre” una persona cara?
Ogni persona ha la propria storia, il proprio modo di vivere il rapporto con la morte e il lutto, la propria mappa mentale del mondo dalla quale attingere per dare significati agli eventi.
Accompagnare è andare alla scoperta di questa mappa personale, dei punti di riferimento, delle strade che la persona sceglie di percorrere per orientarsi nel nuovo territorio del dolore. Chiediti:
- Quali sono le oasi di ristoro in questo suo paesaggio?
- Cosa può portare conforto alla persona?
- Quali relazioni significative possono diventare un balsamo per la sua anima?
- Di quale aiuto concreto ha bisogno nella sua quotidianità per sentirsi sostenuta?
Rispondere a queste domande ti permetterà di mettere a fuoco le risorse della persona e di agire affinché vengano attivate.
Accompagnare è esserci, sostare accanto, con la capacità di accogliere i silenzi senza il bisogno di riempirli. Accogliere parole ed emozioni facendole risuonare dentro di te e, a volte, dandoti anche il permesso di lasciar scorrere una lacrima, meraviglioso segno di umanità condivisa.
Accompagnare è accogliere i tempi del dolore che per ciascuno sono diversi. Il dolore avrà bisogno di essere attraversato e poi trasformato prima che sedimenti nel cuore della persona lasciando la sua traccia.
Accompagnare è coltivare la fiduciosa pazienza del contadino che sa che il seme di grano piantato ha bisogno di trascorrere l’inverno prima di germogliare e portare il suo prezioso frutto.
Accompagnare è aiutare i famigliari a trasmettere la speranza che la vita può continuare aldilà del dolore, attraverso gesti di aiuto concreto, di vicinanza, di presenza anche silenziosa.
Accompagnare è condurre la persona a credere nelle proprie capacità di risollevarsi invitandola a guardare indietro nella propria vita osservando il percorso finora compiuto. Mettendo a fuoco tutte le volte che si è trovata in situazioni sfidanti in cui ha pensato che non ce l’avrebbe mai fatta e che invece, contrariamente a quanto pensato, è riuscita a vivere e superare l’evento traendone delle lezioni importanti di vita. È un modo per aiutare a ricordare il proprio valore, il proprio coraggio e un invito a rimetterli in gioco proprio ora, in questo momento così impegnativo nel percorso di vita.
“…di fronte all’angoscia degli altri ho imparato ad accogliere e a donare. Mi riallaccio ad una antichissima pratica tibetana della compassione: Tonglen, significa dare e ricevere. Consiste nell’accogliere la sofferenza, l’angoscia degli altri donando poi a propria volta tutta la fiducia e la serenità a cui si può attingere dentro di sé. Si tratta, con questa partecipazione così semplice alla sofferenza dell’altro, di stare con lui, di non lasciarlo solo. Che cosa posso donare a quello sguardo pieno di angoscia, se non la mia fiducia? Non posso rassicurarlo con le parole, perché quello che teme tanto forse avverrà. Posso soltanto sostenere con tutta l’anima quella parte di lui che saprà comunque far fronte a quanto gli sta accadendo…” (Marie De Hannezel – La morte amica)
Ogni professionista sperimenta quanto lo “stare accanto” nel dolore sia un momento straordinario di crescita umana e professionale senza paragoni, il privilegio di esser-ci e imparare la vita attraverso la morte.
Letture consigliate:
La morte amica – Marie De Hannezel
Attraversare il dolore per trasformarlo – Letizia Espanoli e Nicoletta Todesco
MATERIALE DI LIBERO UTILIZZO PER LA STAMPA