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  • Come mantenere l’identità della persona con Alzheimer: tecniche pratiche

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16 Gen

Come mantenere l’identità della persona con Alzheimer: tecniche pratiche

  • By Anna Gaburri
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Non mi riconosce più. E’ una sensazione interiore devastante per chi accompagna le persone con demenza nel decorso della loro malattia. Una sensazione che apre a domande ripetute “chi sono io?”, “mi riconosci?”. Domande che aumentano il disagio emotivo della persona con demenza.  Come possiamo vivere il cambiamento e aiutare i nostri cari a mantenere l’identità? Scopriamo insieme le strategie per rafforzare quell’indistruttibile legame emotivo che ci consentirà di camminare nella terra nera della demenza e per aiutarli a mantenere la loro identità.

Quando la demenza arriva in famiglia, ci chiama a far fronte a molti cambiamenti, ad interrogarci sui ruoli, costruiamo narrazioni della nostra esperienza connesse alle emozioni, ma anche alle convinzioni e allo stigma della malattia. In questo articolo esploriamo nuove idee e studi che accompagnano a riconoscere e mantenere l’identità del proprio caro che vive con la diagnosi.

Non è più lui/lei. Sono diventata la mamma di mia mamma. Mio papà è diventato come un bambino. E’ come se ora fossi io il genitore dei miei. A poco a poco con l’arrivo della demenza, i ruoli si sono invertiti.

Come può sentirsi la persona che vive con demenza quando il famigliare che gli è accanto fatica  a riconoscere l’identità e si vive non più come marito, come moglie, come figlio ecc., ma ha fatto proprio il pensiero di esserne diventato l’assistente, il genitore, avvertendo di dover fare tutto al suo posto?

Abbiamo bisogno di creare dentro di noi la certezza che la vita non finisce con la diagnosi, che non sono e non sarò mai la somma dei miei sintomi, che ci sarà sempre spazio nelle mie giornate per accendere i neuroni del benessere, quei circuiti edonici che possono creare quella sensazione di benessere, aldilà dei sintomi. Ho bisogno di credere nella persona ancora di più che nella malattia. Perché la vita pulsa sempre oltre  la diagnosi ed ha un linguaggio che a partire dalla persona racconta ancora e ancora di desideri, possibilità, identità (sarò sempre di più della mia malattia).  Letizia Espanoli

Genitori dei propri cari che vivono con demenza?

Questa è una domanda molto complessa e delicata che riguarda le emozioni e le sfide nell’essere accanto. Esploriamo insieme alcuni aspetti che ci accompagnano a comprendere che è fondamentale restituire l’identità a ciascuno nella relazione familiare e di cura.

Chi ha cura della persona con demenza, si trova a vivere esperienze che normalmente hanno visto impegnati i propri genitori o adulti più anziani, nei confronti dei figli, come l’essere punto di riferimento, la protezione, la guida, l’organizzazione della giornata, la cura di sé. Questo può generare il pensiero che si verifichi una sorta di “inversione dei ruoli”. Ora il nostro caro vive cambiamenti in cui ha bisogno di avere accanto persone che lo sostengono. Il familiare si sente investito della responsabilità della vita e del benessere della persona con demenza, “come se fosse suo figlio”

“Diventerai madre di tua madre” ci dicono. Ma la verità è che quella donna sarà sempre tua madre e tu sua figlia. La malattia non altera i ruoli, altera il modo di viverli. Ricordi quando la tua mamma, quando eri piccolo ti diceva “corri a lavarti i dentini”? Non lo ha più fatto quando sei cresciuto. Il modo di essere in relazione varia nel tempo, ma non per questo i ruoli si invertono. Pensare di “diventare madre di tua madre” è alquanto inutile e doloroso.

Pensieri che allontanano dal riconoscere e mantenere l’identità

Questi sono alcuni dei motivi per cui si può arrivare a sentirsi genitori dei propri cari con demenza. Tuttavia, questo non significa che sia un pensiero appropriato (biologicamente non è possibile diventare mamma o papà dei propri genitori o coniugi) o sano (ciò che si pensa si trasforma in comportamento generando confusione di ruoli e di identità, rischiando di sminuire il ruolo e la dignità della persona a cui si è accanto).

Una convinzione che può rivelarsi rischiosa e dannosa sia per il caregiver che per la persona con demenza, perché può privare entrambi della possibilità di vivere una relazione da adulto ad adulto, con conseguenze per dignità, autonomia e individualità del proprio caro.

Per evitare questi rischi, è importante che come familiari si abbia cura di riconoscere l’identità, propria e dell’altro, e di mantenere un equilibrio tra le proprie esigenze e desideri e quelli della persona con demenza.

Quanti ruoli abbiamo nella vita?

Ti invito a vivere questa esperienza. Prendi il tuo quaderno e inizia la frase con “io sono…”. Poi aggiungi tutti i tuoi ruoli che hai maturato nella tua storia di vita e che ancora rivesti. “Io sono figlia, sorella, nipote, cugina, collega, volontaria…”. Possono essere tanti i ruoli della nostra vita e il riconoscimento della nostra identità proviene in parte dagli altri. Questo vale anche per le persone con demenza. Prova a scrivere tutti i ruoli che il tuo caro ha avuto e ha ancora. Mantenere l’identità è importante, come possiamo farla scintillare?

Quando mio marito gira per casa ed entra nelle stanze, so che in quel momento sta rivivendo il suo ruolo di dottore e si sta preoccupando dei suoi pazienti. All’arrivo del nostro nipotino, Nunzio è un nonno sorridente, giocoso, hanno una sintonia speciale. Se si sveglia alle 4 della mattina, prende un libro, strappa le pagine e le dà all’assistente, è di nuovo il dottore che sta facendo le sue prescrizioni e si prende cura degli altri. Mentre sto cucinando e mi osserva, vuole assaggiare il cibo allora mi fa una battuta, è mio marito. Katy 

Chi è accanto ha la possibilità di dare valore all’identità

La narrazione della sig.ra Katy ci fa comprendere che chi è accanto ha la possibilità di riconoscere a aiutare a mantenere l’identità, dare valore ai tanti ruoli che la persona con demenza può rivivere qui ed ora, offrire la possibilità di vivere semplici esperienze, osservare per comprendere che cosa per il proprio caro nel qui ed ora è importante e lo fa sentire apprezzato e amato.

Oggi sono sempre di più gli studi che dimostrano che la persona con demenza mantiene la propria identità fino alla fine del suo percorso di vita e sottolineano l’importanza di chi è accanto per riconoscere l’identità.

Steven R. Sabat, Rom Harré in uno studio del 1992, dimostrano che il sé dell’identità personale persiste fino allo stadio terminale della malattia e che i molteplici ruoli nella vita che richiedono la cooperazione degli altri per nascere, possono andare perduti, ma solo indirettamente a causa della malattia. La causa principale della loro perdita è il modo in cui gli altri vedono e trattano la persona con demenza.

Quando il proprio caro inizia ad aver bisogno di aiuto nelle attività quotidiane, automaticamente si accende il desiderio di fornirgli tutta l’assistenza possibile. Lo facciamo perché vogliamo che siano al sicuro, sentiamo che è nostro dovere. Ma a volte, questi istinti premurosi possono avere un risvolto diverso.

Scrive il dottor Barry J. Jacobs riguardo alla cura di sua madre:

Con tutte le mie migliori intenzioni e le mie energie concertate, sono riuscito per lo più a frenare la sua indipendenza e a soffocare il suo spirito. Non mi vedeva tanto come suo figlio premuroso, quanto piuttosto come il prepotente usurpatore dei ruoli che amava.

A volte, nel desiderio di proteggere i nostri cari, il rischio è di sostituirsi a loro ed è essenziale trovare un equilibrio tra aiutare troppo o troppo poco (in proposito puoi leggere Demenza e autonomia: quali possibilità?).

A chi vive con la demenza, questa “cura unidirezionale”, può far piacere, può donare ben-essere?

Harry Urban e le persone con demenza ci insegnano che “il fare” di chi è accanto, quando alimentato dallo stigma “tanto non è più capace”, “non capisce”, “è come un bambino”,  conduce  inesorabilmente ad una condizione di passività, al senso di frustrazione, ad un dolore così grande da cui è necessario difendersi, una sofferenza che scatena reazioni e comportamenti speciali.

Essere caregiver nel percorso di vita con la demenza.

Rispetto al percepirsi caregiver (solo nella prigione del dovermi prendere cura di qualcuno), viversi come carepartner (amo questa persona e le starò acconto, non la lascerò sola lungo il corso della malattia) crea un potente cambiamento che permette di connettersi sempre al sentire, di sostare nel qui ed ora della relazione, di continuare ad essere moglie e marito, padre o madre e figlio/a. Consente  di attraversare i cambiamenti in una continua crescita, imparando dall’esperienza di un viaggio condiviso in un incessante scambio. Si crea una interazione rispettosa e ricca di istanti di valore.

Per intraprendere il tuo viaggio da caregiver ad essere carepartner, allena la tua scelta a piccoli passi (scopri il significato della parola carepartner raccontato da Harry Urban).

La demenza non priva qualcuno della sua dignità; è ciò che tu pensi della persona che vive con demenza e il modo in cui scegli di essere accanto che toglie dignità oppure che sa riconoscere l’identità e la onora. Letizia Espanoli

Nella relazione quotidiana con il proprio caro,  il familiare genera significati, li trasmette, li modifica e agisce a partire da essi (Kelly, 1955; Harrè, 1991; Mead 1966). Lascia un’impronta profonda nel sentire della persona con demenza (illuminanti le parole di Kate Swaffer in questo articolo: Il contagio delle emozioni).

Per riconoscere e mantenere l’identità del tuo caro che vive con demenza, ci sono alcuni passi che puoi seguire:

  1. Allenati a guardare oltre la malattia e prova a trasformare i tuoi pensieri cambiando linguaggio: il tuo caro è sempre la tua mamma, il tuo papà, il tuo compagno di vita…
  2. Chiama il tuo caro con il suo nome o con il ruolo che sente di avere nel qui ed ora lo fa sentire riconosciuto. Fluire nell’istante e lasciarti accompagnare nel suo mondo è un modo per riconoscere la sua identità e far sentire la persona apprezzata e rispettata. Questo può anche aiutare a rafforzare il legame emotivo con la persona e a ridurre la sua ansia o confusione. Riconoscere l’identità passa dal modo in cui siamo accanto. Dal fare in modo che possa ancora sentirsi mamma, marito, moglie… Fai del tuo meglio per fargli sentire che hai ancora bisogno del suo aiuto e che non è un peso
  3. La persona con demenza può rivivere ruoli del passato. Come la sig.ra Katy, osserviamo i comportamenti, riconosciamo il valore della professione che ha svolto e in cui ora è immersa (anche se lo sta facendo in un modo diverso) e il contributo che ha sempre donato nella comunità.

Incoraggia il tuo caro nel vivere esperienze di valore.

  • Continuare a sperimentarsi nel modo più indipendente possibile aiuta la persona con demenza a conservare le proprie capacità, aumenta l’autostima, motiva nel rimanere attivi e favorisce il buon umore. Invece di aiutare automaticamente, prova a pensare come adattare le attività secondo necessità. Allenati a consentire al tuo caro di fare il più possibile da solo e il più a lungo possibile.  (Qui trovi alcune idee per creare esperienze di valore).
  • Anche nel bel mezzo della giornata peggiore c’è ancora spazio per ridere. E i momenti divertenti possono sorgere naturalmente nella quotidianità. Darti il ​​permesso di notare quando accadono cose divertenti e incoraggiare il tuo anziano a fare lo stesso allenta la tensione. E rende la vita più positiva per entrambi.

Odio essere trattato come un bambino: non dimenticartelo mai.

  • Non usare le bavaglie, vezzeggiativi, lasciamo loro il ruolo (“…non sei suo padre o sua madre…”). Troviamo nuovi modi per rimaner loro accanto, accogliendo il momento. Modifichiamo il nostro modo di porci, ma ricordiamo sempre il nostro e il loro ruolo.
  • Rispetta le sue preferenze e le sue scelte. Anche se la persona con demenza può avere difficoltà a esprimere le sue opinioni. Cerca di capire cosa le piace e cosa no. Rispettare le sue decisioni anche nelle “piccole cose” (ad esempio, puoi offrirle due opzioni di vestiti o di cibo e lasciarla scegliere quella che preferisce).

Favorisci la sua connessione sociale e spirituale.

  • Puoi nutrire i rapporti con le persone che le sono care e con la sua comunità per sostenere il tuo caro a mantenere l’identità. Puoi incoraggiarla a esprimere la sua fede o la sua spiritualità, se è importante per lei, a vivere momenti nella comunità.
  • Ricorda il suo passato e fai scintillare il suo presente. La persona con demenza può avere difficoltà a ricordare gli eventi recenti, ma può conservare i ricordi del suo passato. Puoi aiutarla a rievocare le sue esperienze positive e le sue storie, usando foto, album, oggetti, musica, ecc., che le siano familiari e significativi. Puoi anche sostenerla nel creare nuovi ricordi, documentando le sue esperienze e le sue emozioni nel presente.

Accogli la sua personalità e il suo comportamento.

La persona con demenza può cambiare il suo modo di agire, sta mettendo in campo le sue risorse e la sua energia per vivere al meglio le sue giornate. Puoi cercare di capire le cause del suo comportamento, e di rispondere e sostenerla con pazienza, comprensione, empatia e affetto. Puoi offrirle spazio, sicurezza, conforto e supporto.

Avere cura di un genitore, coniuge o parente che non può prendersi cura di se stesso è una delle più nobili esperienze umane. Riconoscere e sostenere nel mantenere l’identità è uno degli elementi più importanti per far sentire alle persone che sono importanti e vive. Essere accanto è anche una delle esperienze più impegnative. Fare in modo che sia profondamente gratificante è connesso alla possibilità e responsabilità che tutti abbiamo nel restituire l’identità alle persone fragili, permette di ricaricarsi e prosperare nel dare il meglio alla persona amata e crescere insieme.

Di una cosa sono certa. L’identità, nella terra nera della demenza non può essere “difesa” dalla persona stessa. Essa diventa dono. Dono che tutti noi, che siamo accanto, dobbiamo riuscire a fare.

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Riferimenti

Per andare oltre l’accezione negativa della demenza, così permeata all’interno della cultura socio sanitaria del nostro paese, che vede solo lo stigma ed i limiti della malattia e spesso perde di vista la persona, è importante ricordare che sono le persone con demenza i veri esperti dell’esperienza della malattia: “Le loro prospettive, desideri e preferenze devono essere rispettati”

 

Bibliografia

Per saperne di più e diffondere cultura di rispetto e accoglienza ti consiglio la lettura del libro  #lavitanonfinisceconladiagnosi  di L. Espanoli con E. Mantesso

Alzheimer’s from the Inside Out  scritto dallo psicologo Richard Taylor che ha avuto la diagnosi di Alzheimer all’età di 61 anni e ha dato un contributo fondamentale per sgretolare lo stigma della demenza

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Tags:#lavitapulsaoltreladiagnosi#sentemente
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