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06 Feb

La gentilezza nelle relazioni di cura: una sfida e una risorsa

  • By Anna Gaburri
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La gentilezza nelle relazioni di cura

Come professionista cosa pensi della gentilezza nelle relazioni di cura? Quanto credi che sia un ingrediente fondamentale nel tuo lavoro? Se è venuta a mancare, ti chiedi perché è accaduto e come puoi fare per nutrirla?

La gentilezza e il mindset dinamico sono due qualità fondamentali per i professionisti delle RSA, che hanno cura quotidianamente di persone con demenza, fragili e desiderose di avere accanto carepartner che sappiano comprenderle e accompagnarle sostenendole. Ma come si può sviluppare e creare una relazione colma di gentilezza nel lavoro e nella vita quando il livello di stress è troppo elevato, ci si sente sempre in corsa e si ha sempre troppo da fare? E se la gentilezza fosse proprio l’antidoto alla stanchezza, alla fretta, all’immersione in un continuo fare? Se la gentilezza fosse proprio quell’ingrediente speciale che nutrito nella quotidianità restituisce l’umanità ai gesti di cura e permette di incontrare la bellezza e l’unicità delle persone?

In questo articolo esploreremo insieme perché e come allenare il mindset della gentilezza.

La gentilezza nelle relazioni di cura: paradosso o soft skill da allenare?

La gentilezza nelle relazioni di cura è una pratica a cui è rivolto sempre più interesse per i benefici che può apportare a tutti i protagonisti e all’organizzazione stessa. C’è un notevole incremento delle pubblicazioni su questo tema, con grande attenzione alla sua rilevanza nel contesto dinamico e complesso delle organizzazioni di cura. Eppure molti autori evidenziano un paradosso. Mentre le persone tendono a giudicare la qualità dell’assistenza ricevuta in base alla gentilezza dimostrata, questa viene spesso trascurata sia nella formazione delle professioni sanitarie, sia negli indicatori di valutazione del servizio e della performance.

La gentilezza è molto di più di una prerogativa innata del professionista, e certamente non può essere facoltativa, o un presupposto dei servizi socio-sanitari. E’ fondamentale che diventi sempre di più un elemento integrante nella cura e nella relazione. È una competenza allenabile e di grande valore terapeutico. Per poter essere praticata quotidianamente, soprattutto in situazioni di stress lavorativo, la gentilezza richiede intenzionalità e una elevata consapevolezza del suo potere benefico che si gioca nel campo dell’interazione.

Come si può allenare un mindset orientato alla gentilezza nelle organizzazioni di cura?

Un mindset orientato alla gentilezza nelle organizzazioni di cura è una mentalità che favorisce il benessere e la soddisfazione di chi offre e riceve la cura, basata sul rispetto, l’empatia, la compassione e l’ottimismo.

La quotidianità può essere percepita come un susseguirsi di transizioni, ovvero le tante attività nelle quali si rischia di perdersi nel fare, passando da un’azione all’altra, da un compito da portare a termine alla situazione successiva, in una routine automatizzata. In quale rischio incorre il professionista della cura durante la giornata di lavoro? Può perdere il senso della presenza, dell’essere e della relazione, trasportando, e spesso accumulando, tensione ed emozioni depotenzianti da un’attività ad un’altra, bypassando il valore delle esperienze che ha l’opportunità di vivere e cogliere come migliorarne l’efficacia. E arrivando a fine del proprio servizio con la percezione di “essere a pezzi” e di avere finalmente “archiviato” un’altra giornata di lavoro.

Tutto avviene molto rapidamente e si è chiamati a offrire risposte e gesti gentili in un contesto in cui le variabili sono tantissime. Come fare a mantenere allineate le nostre intenzioni, avere cura delle emozioni, scegliere con accuratezza parole efficaci, far sì che il tono di voce sia accogliente e arrivi all’altro come una carezza?

Il ritorno al momento presente è la chiave. Fermati, respira, riporta l’attenzione alla persona, investi nella relazione per ricalibrare la prospettiva e interrompere  il fare automatico. Domandarsi “che cosa voglio fare accadere ora?” fa più che spostare l’attenzione. La domanda porta con sé il ritornare al qui ed ora, l’istante in cui la gentilezza può essere messa in pratica ripartendo dall’avere cura di sé per avere cura dell’altro.

Il circolo virtuoso della gentilezza nelle relazioni di cura.

Tre cose nella vita umana sono importanti. Il primo è essere gentili. Il secondo è essere gentili.

E il terzo è essere gentili. (H. James)

La gentilezza è il modo in cui scegliamo di avere cura di noi stessi, di costruire speranza e allenarci alla felicità (ebbene sì, sono sempre di più le evidenze che esaltano le virtù della gentilezza nel promuovere la felicità, tra cui lo studio condotto da Sonja Lyubomirsky, psicologa dell’Università della California, in cui ha mostrato che compiere atti di gentilezza per due settimane ha aumentato il livello di felicità dei partecipanti). Il mindset della gentilezza aumenta la resilienza, permette di trasformare l’impotenza in possibilità, di vincere la rassegnazione ed essere proattivi nel contribuire a trasformare le sfide in risultati da raggiungere.

Negli operatori che la praticano, la gentilezza verso gli altri induce gioia e benessere (Kelly J.D., 2016; Rowland L, Curry OS, 2019; Curry OS et al. 2018) ed è un potente antidoto allo stress, all’esaurimento fisico ed emotivo, al burnout (Berry L.L. et Al, 2017).

La gentilezza verso gli altri è percepita allo stesso modo della gentilezza diretta verso se stessi (J.D. Kelly, 2016): più siamo gentili verso gli altri, più lo siamo verso noi stessi amplificandone gli effetti.

Più il personale è attento e gentile, più aumenta la sua sintonia con il paziente; quanto più aumenta, tanto più si genera fiducia; maggiore è la fiducia, migliore è l’alleanza terapeutica; migliore è l’alleanza, migliori saranno i risultati. Il risultato di tutto ciò è una riduzione dell’ansia, una maggiore soddisfazione (per il personale e il paziente), meno atteggiamento difensivo e migliori condizioni di gentilezza (P. Campling 2015).

Come poter essere gentili quando si affrontano momenti difficili?

Si può riuscire ad essere gentili con una persona che vive con demenza a cui si offre la cura e reagisce rifiutando o ponendo resistenza all’assistenza? E con i colleghi? Con i familiari?

Nelle situazioni difficili, si può cadere nella reattività, nell’impotenza, nella frustrazione. E sono proprio questi i momenti in cui ricorrere alla gentilezza può essere il miglior antidoto alla reattività e la miglior cura, per tutti.

Naturalmente, quando si è coinvolti in pensieri negativi, è estremamente difficile, se non impossibile, offrire una parola o un gesto gentile. Ogni volta che mi trovo arrabbiato e in modalità giudicante, mi fermo, riconosco che i miei pensieri sono intrisi di negatività e decido di trovare qualcosa da amare in quella persona. Questo esercizio diventa più facile con la pratica. (J.D. Kelly , 2019)

Le nostre emozioni, le nostre azioni sono influenzate da quello che pensiamo, la parte del nostro cervello più antico chiama in gioco la nostra corteccia prefrontale. È la stessa parte del cervello che ci permette di essere gentili anche quando pensiamo che non ci sia nessuna ragione per esserlo. La gentilezza nelle relazioni di cura, quindi, è una scelta consapevole che possiamo intraprendere per noi stessi e per gli altri.

Emozioni depotenzianti limitano la nostra capacità di comprendere l’altro in tutte le sue sfumature e colori. Nutrire la gentilezza nei modi di sentire e non solo nei gesti, è un mindset. È l’opportunità di avvalerci della gentilezza per riuscire a cogliere e comprendere quel che viviamo in modo più ampio, più chiaro per scegliere risposte e azioni efficaci.

La gentilezza aumenta la resilienza.

Nella sua ricerca, Wayne Sotile PhD  ha mostrato che i medici resilienti hanno la stessa quantità di problemi di quelli che sono emotivamente esausti e che c’è un elemento fondamentale che fa la differenza.  W. Sotile parla della presenza di “innalzamenti” che si offrono o si ricevono nel corso di una giornata. Definisce queste “elevazioni” come una parola gentile, un atto generoso o una dimostrazione di cortesia sperimentata durante il giorno. Questi atti di gentilezza sono capaci di sostenerci anche nei giorni più difficili.

Accendi la consapevolezza: la persona con demenza non lo fa apposta. Sta rispondendo con le risorse che ha a una situazione per lei complessa, sta dicendo che ora non gradisce quello che si sta proponendo, che così non va bene per lei. Ascolta la sua richiesta o il suo desiderio: chiediti quale azione è gentile ora per la persona con demenza, gentilezza è trovare un altro come.

I benefici della gentilezza

Alla fine della giornata, tutti vogliamo essere felici e amati.

La gentilezza è il modo migliore per farlo accadere. (Harry Urban)

La gentilezza è un atteggiamento benevolo e rispettoso verso gli altri, che si basa sul rispetto, sull’empatia e sulla compassione. La gentilezza non solo fa bene agli altri, ma anche a noi stessi. Stimola il rilascio di neurotrasmettitori come la serotonina e l’ossitocina, che riducono lo stress, l’ansia e la paura, e aumentano il benessere psicologico e fisico.

Secondo la teoria della mentalità di Dweck (1999), le persone possono percepire l’intelligenza e il carattere come cose che sono impostate (una mentalità fissa) o cose che possono essere sviluppate (una mentalità di crescita). Una persona con una mentalità fissa crede che tali qualità umane siano scolpite nella pietra. Mentre una persona con una mentalità di crescita crede che l’intelligenza e il carattere possano essere coltivati con l’impegno (Dweck, 1999).

Allenare il mindset della gentilezza in questi anni così complessi è sicuramente una sfida. Ma è anche una enorme opportunità che conduce a interpretare le situazioni in modo ottimista e costruttivo. Ci permette di essere accanto alle persone con demenza pensando a loro come i nostri più grandi maestri,  di essere sempre presenti alle giornate in una scuola di vita speciale.  Ci aiuta a essere più resilienti, creativi e motivati, agganciati ai nostri valori e a quelli dell’organizzazione.

Numerosi studi hanno dimostrato che la gentilezza nelle relazioni di cura e il mindset dinamico hanno effetti positivi sia sul piano individuale che sociale. Migliorando la qualità delle relazioni interpersonali, la soddisfazione per il lavoro, la produttività, la salute e la longevità.

Praticare l’arte della gentilezza

Le interazioni sono il campo privilegiato di allenamento per sviluppare la nostre gentilezza intenzionale. Stabilisci le intenzioni capaci di nutrire il mindset della gentilezza. Puoi partire da queste tre esperienze semplici ed efficaci per allenare ed espandere la gentilezza nella tua giornata di lavoro in Residenza per anziani:

  • nei momenti sfidanti, fermati e chiediti come portare gentilezza, sia per te che per la persona di cui hai cura
  • chiedi sempre il permesso alla persona con demenza per aiutarla a…
  • scegli di compiere un atto di gentilezza al giorno. Un gesto gentile e spontaneo verso un collega, un residente, un familiare o uno sconosciuto, senza aspettarti nulla in cambio (un complimento, un sorriso, un aiuto, un regalo, una parola di incoraggiamento, ecc.). Questa allenamento aiuta a diventare più attenti e sensibili agli altri, e a creare un clima positivo intorno a noi.

Dai il via al tuo allenamento, perché solo “praticare la gentilezza, nel tempo, rende più facile essere gentili” (J.D. Kelly 2016).

Non è forse fatta di semplicità la gentilezza?

La gentilezza nelle relazioni di cura e il mindset dinamico sono due qualità che possono fare la differenza nella vita e nel lavoro dei professionisti delle RSA. Con queste semplici esperienze, possiamo allenarle, migliorarle, e godere dei loro benefici. Ricorda che la gentilezza è fatta di azioni semplici. E’ contagiosa e con il tuo esempio puoi ispirare anche gli altri a essere più gentili e positivi.

Con la certezza che insieme possiamo creare un mondo socio-sanitario migliore, ti invitiamo a scegliere piccoli gesti quotidiani per espandere gentilezza all’interno della tua organizzazione. Tante hanno già scelto di aderire al Manifesto della residenza per anziani gentile, scopri qui come fare.

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Bibliografia

La gentilezza nelle relazioni di cura, di Letizia Espanoli e Francesca Zedda. Se vuoi scoprire come la gentilezza possa fare bene agli individui e alle organizzazioni, come possa allargare il tempo e alleviare la sofferenza, e quali siano i superpoteri del professionista della cura che sa essere gentile, questo libro fa per te. Ti invito a leggerlo e a lasciarti ispirare dalla sua visione umana e positiva della relazione di cura.

Vuoi scoprire il potere dirompente della gentilezza e ritornare sempre più ad essere umani? Immergiti in queste pagine del dr. Piero Ferrucci La forza della gentilezza

Nutri la gentilezza con questo articolo scritto da Letizia Espanoli con Francesca Zedda La gentilezza Cura.pdf.

Riferimenti

  • La forma mentale di un professionista della Cura è importantissima, soprattutto in questi anni cosi complessi. Per saperne di più, scolta su Spotify nel canale Sente-mente Voice l’approfondimento con Letizia Espanoli, accedi da questo link
  • Dubiti che la gentilezza sia fondamentale? Pensi che la gentilezza sia solo una qualità “accessoria”? Credi che appartiene solo a quei pochi che hanno la fortuna di possederne i geni nel DNA e che tutto sommato faccia poca differenza nella qualità della vita? Ti invito ad ascoltare l’episodio “Gentilezza per una mente sana”
  • Quando l’impotenza inizia a farsi strada nel cuore della relazione, il rischio è di perdere l’unico elemento fondamentale per la cura. Scopri come prevenire l’impotenza con l’intenzionalità.

Regalati un gesto gentile

  • Quando senti un’ondata di fatica o emozioni depotenzianti: rilascia la tensione e riconduciti alla calma. Scarica la traccia audio per averla sempre con te da questo link.

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Tags:#gentilezza#lavitapulsaoltreladiagnosi
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