Parole gentili: i mattoni del linguaggio che Cura
Esiste un linguaggio capace di creare benessere nelle persone? Hai mai prestato attenzione e portato la tua consapevolezza alle parole che vengono utilizzate nell’organizzazione in cui presti servizio? Sono parole gentili? Nella tua giornata di vita e al lavoro, scegli le parole con cui ti rivolgi agli altri?
La gentilezza è una soft skill preziosa nel mondo della Cura. È come un filo d’oro che connette il cuore del professionista a quello delle persone di cui ha cura, dei colleghi, dei familiari. In questo articolo, esploreremo l’importanza delle parole gentili nella relazione di cura e come esse possano essere i mattoni fondamentali per costruire un ambiente generatore di benessere e fiducia.
Ogni parola scelta è un passo verso una nuova era della cura, dove la gentilezza è il linguaggio comune – Letizia Espanoli
Ma tu lo sai che cosa fanno accadere le parole gentili?
Siamo veramente consapevoli delle parole che utilizziamo? Del loro significato? E dell’impatto che hanno in chi le pronuncia e nelle persone a cui sono rivolte?
Avere davvero consapevolezza di cosa una sola parola può fare accadere è illuminante e trasformante.
Se ti fermi per un attimo a pensare alle parole che ti sono state rivolte, puoi ripescare tra i tuoi ricordi e le tue emozioni, quella parola o frase che ti ha lacerato l’anima, ma anche quelle parole che ti hanno incoraggiat*, ispirat*, ti hanno riempito di energia, che sono state un faro nel viaggio della tua vita.
Proprio così, come mette in luce Eugenio Borgna:
“Le parole che usiamo ogni giorno possono ferire, ma possono anche essere scialuppe in un mare in tempesta, ponti invisibili verso destini comuni”.
Le parole sono i mattoni con cui comunichiamo con noi stessi, con cui interagiamo con l’altro, possono fare molto male o possono essere cura, possono essere un potente strumento per creare una relazione efficace.
E nel panorama della cura, una relazione efficace è quella interazione capace di attivare con intenzionalità benessere. Sì, perché come evidenziano le neuroscienze e l’intelligenza linguistica, le parole accendono una determinata biochimica. Ci sono parole che attivano le molecole dello stress e quelle belle, potenzianti, gentili che attivano la produzione di ossitocina, serotonina, endorfine.
Il neurofisiologo Fabrizio Benedetti ha sottolineato l’importanza delle parole nel “cambiare il cervello”: gli studi dimostrano che le parole sono come frecce scagliate che colpiscono bersagli precisi nel cervello, stimolando la produzione di sostanze nel cervello, come neurotrasmettitori ed endocannabinoidi, attivano le stesse vie biochimiche dei farmaci, andando ad influenzare il dolore, il cuore, la respirazione e persino il sistema immunitario. Ci ricorda anche che le parole sono arrivate prima dei farmaci e da sempre sono capaci di essere Cura.
Gentilezza verso noi stessi
Il primo vero lavoro sull’interazione dovrebbe essere quello con sé stessi, le prime parole gentili dovrebbero essere quelle che ci diciamo.
“La persona più influenzabile con la quale sarai tutto il giorno sei tu. Fai molta attenzione, quindi, al quello che dici a te stesso” (Zig Ziglar), perché “la felicità della tua vita dipende dalla qualità dei tuoi pensieri.” (Marco Aurelio).
Il cervello conforma la “nostra realtà” in base alle parole che usiamo per descriverla. Va dove noi gli diciamo di andare, guarda quello che noi gli diciamo di vedere. La scelta delle parole, se ci pensiamo, permea ogni aspetto della nostra vita professionale e personale.
La gentilezza si riflette nelle scelte che facciamo: scelgo di concedermi il riposo dopo una notte di lavoro o mi obbligo a rimanere svegli* perché “devo…”. Le parole diventano pensieri che dettano le nostre azioni e comportamenti.
Le persone possono diventare più felici attraverso la pratica della gentilezza (dott.ssa Barbara Fredrickson) che inizia dall’avere cura di sé, concedendoci momenti di ricarica e investendo minuti in attività che creino calma e benessere per noi. Una pratica che inizia con il pensiero “me lo merito”.
L’impatto delle parole sulla qualità della vita è enorme.
Un dialogo interiore che utilizza parole depotenzianti può condurre a una vita insoddisfacente. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è necessariamente vero che chi ha una vita sfidante, abbia un dialogo interiore negativo. Spesso avviene il contrario: un dialogo interiore depotenziante può influenzare negativamente la qualità della vita.
La ricerca ha dimostrato che ogni pensiero e ogni parola che coltiviamo hanno un impatto sulla realtà. Quando ci lasciamo avvolgere da pensieri negativi, lo stress e il disagio possono danneggiarci emotivamente e fisicamente. Possiamo invece cambiare la percezione degli eventi: utilizzando parole efficaci e costruttive per descrivere la nostra esperienza, possiamo influenzare positivamente la nostra vita.
Pertanto, possiamo scegliere con cura le parole che utilizziamo, poiché esse modellano il nostro benessere e influenzano la nostra missione di cura.
Le parole gentili creano e orientano.
Ogni parola è una occasione per creare in noi nuovi sguardi ed orizzonti. Ogni parola apre a nuove suggestioni, ogni parola ci chiama a sperimentare nuove azioni. Il linguaggio influenza la cultura di un’organizzazione e le azioni che da essa discendono. Letizia Espanoli
Le parole e le frasi specifiche utilizzate nel linguaggio verbale e scritto dai professionisti sanitari possono influenzare la percezione dei pazienti sulla loro salute e modellare le relazioni terapeutiche.
Le evidenze di uno studio del 2020 indicano che il linguaggio utilizzato dagli infermieri può contribuire a vedere la loro pratica come compiti sui corpi che devono essere svolti in modo efficiente e oggettivo all’interno del modello biomedico, piuttosto che relazionale e centrato sulla persona (Dahlke S., Hunter K.F.).
Il linguaggio medico nella comunicazione può indurre pregiudizi nella percezione: un semplice cambio di terminologia fa sì che una malattia venga percepita come più grave. Questi risultati riguardanti la concettualizzazione della malattia hanno implicazioni in molte aree, tra cui la comunicazione medica con il pubblico, la pubblicità e le politiche pubbliche. (Young ME, Norman GR, Humphreys KR. 2008)
Il linguaggio utilizzato nelle consegne ha un impatto rilevante.
Lo dimostra uno studio che evidenzia come il linguaggio stigmatizzante utilizzato nelle cartelle cliniche per descrivere i pazienti può influenzare i successivi medici in formazione in termini di atteggiamenti nei confronti del paziente e comportamento nella prescrizione di farmaci. Questo è un percorso importante e trascurato attraverso il quale i pregiudizi possono essere trasmessi da un clinico all’altro. L’attenzione al linguaggio utilizzato nelle cartelle cliniche può aiutare a promuovere l’assistenza centrata sulla persona.
Potrei riportare molti altri studi illuminanti. Eppure, nonostante il gergo offensivo storicamente utilizzato sia ormai quasi universalmente considerato inaccettabile, un linguaggio che denigra, mette in discussione o addirittura incolpa, persiste nella pratica clinica quotidiana, sia a livello verbale che nelle annotazioni scritte.
Il linguaggio è uno strumento potente. Se usato in modo positivo, può ispirare le persone. Se usato negativamente, può ferire. Ma quando diventa parte di una cultura ed è semplicemente insensato, cioè quando pronunciamo le parole senza comprenderne l’impatto, è pericoloso. Quando ci rendiamo conto del fatto che questo tipo di linguaggio ha un impatto nella nostra cultura e ora sta effettivamente guidando i nostri atteggiamenti e credenze, possiamo iniziare a cambiare la nostra lingua per plasmare una nuova cultura (Nancy Fox, The Journey of a Lifetime: Leadership Pathways to Culture Change in Long-Term Care, 2007).
Ti sei abituato al linguaggio depotenziante del mondo socio sanitario?
Senti anche tu che è ancora pieno di parole che etichettano o limitano il tuo sguardo? In che modo guidano i tuoi gesti di cura?
Le parole creano immagini, le immagini diventano pensieri e i pensieri divengono azioni. La parola “sorveglianza”: quale immagine accende? Fai il sorvegliante o sei un professionista della cura e della relazione che crea relazioni positive con i residenti capace di rispondere a bisogni e desideri?
Fermati a scrivere le parole, prendi consapevolezza del loro significato. Paziente, caso, demente, disabile, allettato, bisogni, capacità residue, imbocchi, messe a letto, ingestibile, disturbi, dolore, fatica, frustrazione.
Respira profondamente, se desideri fai qualche passo, bevi un bicchier d’acqua, scegli un altro luogo in cui sederti con il tuo quaderno. È ora di girare pagina.
Ora prosegui e scrivi “Persona”: si apriranno visioni nuove e possibilità, parole che restituiscono valore, identità, rispetto alla persona di cui hai cura, a te stess*, alla tua professione.
Il viaggio trasformativo della cultura socio-sanitaria inizia da qui: dal prendere consapevolezza delle parole che si utilizzano, chiedersi se sono parole che rendono la persona oggetto di cura, che etichettano e quali invece posso scegliere di utilizzare per restituire rispetto, identità e dignità.
Il linguaggio efficace, secondo il linguista G. Lakoff, è quello che fa stare bene sia chi le pronuncia quelle parole che chi le ascolta, è il linguaggio che mette in atto parole capaci di ridare alle persone la totale centralità.
Parole Gentili: un potente strumento.
Le parole gentili non sono solo cortesia o educazione. Sono nell’essenza di ciò che siamo e di quello che vogliamo trasmettere.
La scelta di una parola può influenzare pensieri, comportamenti e stato emotivo (inteso come somma dei neurotrasmettitori presenti nel corpo) in chi la legge e chi la ascolta. Paolo Borzacchiello
Quando utilizziamo parole gentili, creiamo fiducia e profondità nelle relazioni. Nel contesto della cura, le parole gentili possono alleviare l’ansia e migliorare la fiducia dei pazienti. Uno studio condotto presso l’Università di Harvard ha evidenziato che i medici che utilizzano un linguaggio gentile e rassicurante possono ottenere risultati positivi sulla salute e sul benessere dei pazienti.
La scelta di parole gentili non è accessoria nella relazione di cura, ma è una competenza che il professionista ha la responsabilità di allenare per attivare intenzionalmente la biochimica del benessere in sé stesso e nelle persone di cui ha cura. Si apre uno scenario innovativo in cui parole colme di gentilezza, di speranza, diventano un ingrediente cruciale per l’efficacia ogni terapia e devono diventare parte integrante delle pratiche di chi ha cura.
Se le “parole creano mondi” (dr B. Thomas), allora parole gentili possono dare vita a organizzazioni gentili.
La gentilezza non riguarda solo le interazioni personali, ma anche i comportamenti organizzativi. La cura del tono di voce, rivelatrice di emozioni e di intenzioni che vanno a braccetto con le parole che usiamo, è essenziale.
Nel delicato tessuto delle nostre giornate, il linguaggio che selezioniamo è il filo con cui intrecciamo le nostre relazioni. Ogni parola può essere un seme che germoglia in un giardino di comprensione o una spina che si insinua nei passaggi della nostra comunicazione. Le parole con cui scriviamo le consegne, con cui raccontiamo il nostro lavoro, con cui comunichiamo con i colleghi, con le famiglie, con cui scriviamo i post su Facebook…, sono le parole che plasmano il nostro mondo socio-sanitario.
Le parole gentili sono i mattoni che costruiscono un ponte tra professionisti, le persone di cui hanno cura, i familiari, la comunità. Sono il linguaggio che cura, che allevia, e che rende la relazione di cura autentica e significativa. Quindi, ricordiamoci sempre di coltivare la gentilezza nel nostro linguaggio e di utilizzarla come strumento potente per il benessere di chi ci sta accanto.
Come professionisti della Cura, come possiamo arricchire il bottino delle parole gentili?
Le parole scoccate non tornano indietro, sortiscono un effetto immediato. Non vuoi più sentirti dire: “non volevo dire questo”?
- allena la consapevolezza. Probabilmente tra le parole che ascolti e pronunci, ce ne saranno di depotenzianti, fai in modo che quelle potenzianti, gentili, belle siano sempre in numero maggiore;
- metti uno stop alla la-mente-la. Ricorda che i pensieri depotenzianti hanno un effetto anche sulle persone con cui li condividi, tolgono energia e aumentano il livello di stress. Puoi scegliere, dopo aver raccontato un evento sfidante, di concentrarti sulle cose che hai imparato da quella situazione, sulle possibilità che intravedi e le azioni che scegli di mettere in campo. È un ottimo allenamento per cambiare la tua narrazione focalizzandoti su ciò che puoi, vuoi e scegli di fare accadere;
- allenati a sostituire la parola “devo” (devo fare la doccia alla sig.ra Maria, devo fare l’igiene a…) con scelgo, voglio e posso (voglio offrire un bagno gentile alla sig.ra Maria);
- tieni sempre con te il tuo taccuino in cui puoi raccogliere tutte le parole sagge e gentili che i residenti ti rivolgono. Sono il faro che ti dice che il tuo “come” è quello desiderato e li fa sentire bene;
- il nostro cervello potrebbe essere molto abituato a sentire più spesso parole depotenzianti e quelle gentili, illuminati, potenti potrebbero scivolare via velocemente. Puoi acquistare una rubrica e cominciare a fermare lì le parole eccellenti che senti, leggi. Diventerà lo “scrigno prezioso delle tue parole” a cui potrai attingere ogni giorno, scegliendone una da pronunciare il più possibile e cogliendone l’effetto in te e nella persona a cui l’hai rivolta.
Le parole che scegli di usare daranno la direzione al tuo sguardo e al tuo agire.
Attraverso il linguaggio, il tuo mondo può incontrare le Terre dell’Altro. Il mondo della mente che tutto vuol giustificare e quello del cuore che tutto vuole comprendere. La Paura che incontra il Coraggio e la Curiosità. Il mondo della Fatica che tra le gocce di sudore incontra la Gioia. Mondi opposti che attraverso la parola si ampliano, integrano, contaminano. È il linguaggio dei due mondi (per scoprirlo accedi qui).
Puoi scegliere un linguaggio che oltre ad essere cura, unisce; che accompagna a conoscere la persona con demenza la sua storia di vita, il suo sentire, a comprendere i suoi comportamenti. Le parole che scegliamo di usare possono diventare campo fertile per il rifiorire dell’essere e della cura.
Nella tua RSA, potrai non parlare più solo di malattia, ma di possibilità, non solo di sintomi, ma di presenza, non solo di compiti, ma di incontri ed esperienze. Il nostro compito, allora, è plasmare con le parole una nuova cultura di cura, dove il linguaggio è l’architetto di una casa che accoglie, di una comunità che celebra e di una cura che diviene scelta e benvenuto. Con questo spirito, vi invito a unirvi a me nel plasmare con le parole un nuovo mondo nella cura, un mondo dove il linguaggio gentile è la colonna sonora di ogni nostra giornata.
Letizia Espanoli
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Approfondimenti
- La parola diventa strumento di lavoro nel delicato rincorrersi di Cura e di Relazione, ne parla Letizia Espanoli in questo prezioso articolo La Gentilezza nella relazione di cura
- Per approfondire quanto sia importante, per il benessere di un individuo, lavorare sul proprio linguaggio, immergiti in questo video di Letizia Espanoli con Paolo Borzacchiello: La parola che cura
- Scopri la meraviglia rispetto a tutto ciò che una parola può contenere con la Scuoletta delle parole, scegli una parola alla settimana, verrai condotto in un viaggio che ti porterà a riflettere sull’uso delle parole. Sì, proprio quelle che possono partire dal cuore per accendere la Vita in te stesso e nell’altro. Clicca qui.
- Desideri uno strumento speciale, coinvolgente e divertente per tuo allenamento? Ci sono 100 parole gentili e colme di bellezza che attendono di essere esplorate e che puoi condividere nella tua organizzazione, in famiglia, con gli amici, inizia a sperimentare Le carte per accendere la resilienza
- Come professionisti della Cura e della Relazione, siamo chiamati a divenire artigiani di incontri capaci di “fare la differenza”, ascolta questi podcast: 1 , 2, 3, 4.
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Non c’è cultura che non sia influenzata dalla lingua così come non c’è lingua che cresca disgiunta dal contesto in cui si trova. Scopri Il Valore delle Parole nelle Organizzazioni di Cura
- E’ necessario che il team socio sanitario costruisca un vocabolario comune che accolga parole potenzianti capaci di evocare possibilità, dignità e riconoscimento della libertà di essere, parole che non disegnino solo la malattia e i suoi sintomi, che non traccino solo i limiti ma anche le opportunità (#lavitanonfinisceconladiagnosi) e per ultimo parole che sappiano tracciare gli stati emotivi non come negativi (#leemozioninonsonounamalattia). Le consegne socio sanitarie sono un’arte, da sviluppare nei professionisti della salute e della relazione.
- La sfida del linguaggio nella demenza: il valore del modo in cui ci poniamo accanto alle persone di cui abbiamo cura. Ascolta Gocce di cura.