L’antidoto ai maltrattamenti si chiama Compassione.
Nel Sente-Mente modello alcuni concetti cardine sono sicuramente le emozioni e il contagio emozionale (detto anche Empatia).
Al centro dell’attenzione vi sono le emozioni provate dalla persona che con-vive con la Demenza e le emozioni di chi si prende cura: familiari e operatori.
Cosa può accadere quando queste emozioni si incontrano e si mescolano tra loro nella relazione tra le parti?!
Oggi vorrei riportarvi alcune evidenze neuroscientifiche a proposito di questa tematica.
Di fronte alle emozioni della persona di cui ci prendiamo cura, noi partecipiamo a questo vissuto, ed è possibile per noi provare due diverse tipologie di Empatia: una empatia di natura calda e affettiva ed una empatia che potremmo definire “più ragionata” detta cognitiva.
L’empatia affettiva può essere definita come la nostra capacità di entrare in risonanza con i sentimenti altrui. La seconda, l’Empatia cognitiva, ci informa invece sulla natura e intensità delle emozioni altrui e si ci permette di diventare consapevoli in maniera più distaccata della situazione dell’altro.
Di fronte alla situazione vissuta da una persona che con-vive con la Demenza è molto importante per chi si prende cura che i meccanismi empatici si rivolgano anche verso l’altro e non solo verso sé stessi.
L’empatia infatti è un meccanismo cerebrale che può portare a una spinta altruistica, ma quando si tratta di prendersi cura di una persona in difficoltà, può anche trasformarsi in senso di disagio ed evitamento, che fa ripiegare su sé stessi e distogliere l’attenzione dalle sofferenze di cui siamo testimoni.
L’empatia cognitiva, se non accompagnata da empatia affettiva e sentimenti altruistici, può condurre alla strumentalizzazione dell’altro.
Tuttavia l’empatia affettiva da sola non basta nemmeno lei ad aiutare chi si prende cura: essa, infatti, può condurre ad una situazione di stress e sfinimento emotivo legato alla difficoltà di gestire l’immedesimazione nella difficoltà dell’altro.
Queste situazioni sono l’anticamera dei maltrattamenti ai nostri anziani e colpiscono frequentemente familiari ed operatori sociosanitari.
Qual’è quindi l’antidoto all’abbandono, allo stress e ai maltrattamenti?
Secondo la ricercatrice Tania Singer e secondo il modello Sente-Mente, l’antidoto è la COMPASSIONE.
La compassione nasce dall’incontro tra le due diverse Empatie e l’amore altruistico.
L’amore altruistico è l’intenzione di compiere il bene altrui e si accompagna alla disponibilità e alla determinazione di fare tutto il possibile per realizzare i bisogni e i desideri di chi ci prendiamo cura.
Le ricerche condotte da Tania Singer e i risultati ottenuti dal modello Sente-Mente, testimoniano che la compassione verso la persona che con-vive con la Demenza è l’antidoto al burnout, lo stress del caregiver.
Allenare la compassione in chi si prende cura, come fa il Sente-Mente modello, aumenta la forza d’animo, l’equilibrio interiore e la benevola determinazione ad accogliere l’altro. L’amore e la compassione, quando allenati, ti conducono lontano dalla difficoltà, dallo scoraggiamento e dall’usura.
Olga Klimecki, neuroscienziata dell’università di Ginevra, e Tania Singer hanno mostrato che allenando per 20 minuti al giorno per una settimana l’Empatia, utilizzando immagini di persone in difficoltà, si avevano effetti emotivi negativi.
I partecipanti alla prova attribuivano alla sofferenza un valore negativo e aumentava la risposta di attivazione di aree cerebrali legate all’Empatia come l’insula anteriore e le cortecce cingolate anteriore e mediale.
Al contrario, allenando un gruppo di partecipanti alla compassione verso l’altro attraverso le medesime modalità, si osservava un’intensificazione dei sentimenti positivi e benevoli verso l’altro e il desiderio di accogliere e curare.
La differenza era sostanziale anche nell’attivazione delle aree cerebrali: nel secondo gruppo ad accendersi erano le aree dell’affiliazione e dei sentimenti positivi come l’area tegmentale ventrale, Il putamen, il pallidum e la corteccia orbitofrontale mediana.
Che differenza tra i due gruppi?
Nel primo gruppo allenare l’Empatia significa centrare l’attenzione sull’effetto che il dolore dell’altro ha su di me.
Nel secondo gruppo allenare alla compassione significa centrare l’attenzione sull’altro, sulla persona di cui ci stiamo prendendo cura.
Le reti cerebrali responsabili dell’Empatia sono chiaramente distinte da quelle della compassione: nuove evidenze a supporto del nostro progetto.
Sono infatti queste ultime le reti che il modello Sente-Mente si propone di allenare per far crescere la compassione e con essa le potenzialità insite nella relazione tra le persone che con-vivono con la Demenza e le persone che se ne prendono cura.
Giusi Perna psicologa Felicitatrice
Evidenze tratte dall’articolo “Liberare l’altruismo” di Matthieu Ricard