[La cura: lontana dalla cultura della drammaturgia]??
Oggi il tam tam mediatico si è accanito in tutta la sua brutalità sul cantautore Franco Battiato e sulla sua presunta diagnosi di Malattia di Alzheimer.
Alcuni titoli letti riportavano “Un lento arrivederci”, “Non salirà più sui palchi”.
Tutto questo senza nemmeno essere certi della notizia.
Chissà cosa starà pensando il grande maestro in questo momento.
Cosa sentirà nel suo cuore, cosa potrà pensare del suo pubblico che fino a ieri lo adorava ed oggi gli dice addio senza che lui se ne sia realmente andato?
Forse chi scrive e chi commenta non sa che nelle fasi iniziali della malattia molte capacità cognitive sono conservate e che l’intelligenza emozionale di chi con-vive con la Demenza permane fino all’ultimo respiro.
Non si muore di Alzheimer ma si può morire dentro nel momento in cui le persone smettono di credere in te.
La vita non finisce con la diagnosi!
La Demenza non cancella l’identità, la personalità, i talenti e le passioni di una persona.
Perché invece di dire addio non riflettiamo su come permettere a questa persona di essere ancora il grande maestro che rimane nonostante la malattia?!
Perché posiamo lo sguardo solo su quello che verrà a mancare senza riflettere sulle opportunità che ancora possiamo offrire, che ci può offrire la persona?!
Forse dovrà cambiare il modo in cui esprime suo talento, ma perché spegnere la luce prima che si sia fatto giorno?
Questo mio messaggio pulsa di indignazione e di urgenza di cambiare questo sistema culturale per il quale, appena ci discostiamo dalla norma, siamo da buttare via.
Noi siamo pronti a superare “le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farlo invecchiare”?Per non farlo spegnere prima che lo sia realmente?
Il maestro ci ha donato le sue canzoni.
Noi cosa siamo pronti a donare? Solo inutile pietismo?
È ora di dire basta a questo sistema di pensiero perché la dignità della persona non la cancelli più nessuno..nemmeno la Malattia di Alzheimer!
Come per le nostre giornate c’è un alba e un tramonto che scandiscono l’inizio e la fine, così accade anche per la vita delle persone.
Perché parlare di una persona che con-vive con la Demenza come se fosse morta, quando ancora il suo cuore pulsa ed è viva la sua capacità di sentire?
“Io mi uccido non perché ho L’Alzheimer ma per come voi mi trattate da quando con-vivo con L’Alzheimer”
“La tragedia non è avere L’Alzheimer ma come ti trattano le persone dopo che hanno saputo la tua diagnosi”
“Quando sanno che hai ricevuto la diagnosi ti trattano come se puzzassi”
“Dopo aver saputo che con-vivevo con L’Alzheimer, io per loro non ero più quello che stava parlando 5 minuti prima. All’improvviso il mio parere non contava più, io per loro non capivo più niente”
Queste testimonianze sono di persone che con-vivono/hanno convissuto con la Demenza.
Molte le trovate nell’articolo pubblicato a luglio 2017 sulla rivista AMA Journal of Ethics:
“Trasformare la tragedia della demenza: un imperativo etico per promuovere
l’individualità, le relazioni significative e il benessere” di Peter Reed, PhD, MPH, Jennifer Carson, PhD, and Zebbedia Gibb, PhD.
Non ci rimane che informarci, meditare ed agire.
Agire perché queste tragedie, nel dolore già esistente, non vengano più perpetrate!
Giusi Perna Psicologa Felicitatrice