Gentilezza: l’antidoto ai maltrattamenti
La gentilezza può essere un potente strumento di cambiamento? Come modificherebbe l’esperienza nella Residenza per Anziani in cui lavori se ci fosse più gentilezza? Come si sentirebbero i residenti, i familiari, il personale in un ambiente caratterizzato da maggiore gentilezza e collaborazione? Riesci a immaginarlo? Persone che comunicano tra loro con cortesia, che si supportano reciprocamente, dipendenti soddisfatti delle loro azioni di cura e che trovano un significato più profondo nel loro lavoro.
Il potere trasformativo della gentilezza.
Il gold standard dell’assistenza sanitaria è un’interazione professionale che mescola l’arte della gentilezza e della compassione con la scienza applicata (Fryburg DA, Ureles SD, Myrick JG, Carpentier FD e Oliver MB, 2021).
Non si tratta solo di un gesto cortese o di una parola gentile, ma di un vero e proprio antidoto ai maltrattamenti. La gentilezza ha il potere di trasformare le relazioni, di creare ambienti più sani e di promuovere il benessere sia individuale che collettivo. In questo articolo, esploreremo come e perché la gentilezza può essere la chiave per prevenire e contrastare i maltrattamenti, offrendo una prospettiva nuova e positiva su come possiamo migliorare le nostre interazioni quotidiane.
La gentilezza non è solo sorridere, la gentilezza non è solo avere a cuore l’altro, ma la gentilezza è proprio questo: stare in relazione con l’altro con le antenne alte per riuscire a donare qualcosa in più, qualcosa che crei nell’altro gratitudine, che crei nell’altro apprezzamento, che crei nell’altro quella sensazione meravigliosa di essere visto– Letizia Espanoli
Gentilezza è prima di tutto avere cura di noi stessi.
La gentilezza è il coraggio di avere cura delle proprie emozioni per ritrovare serenità e poter incontrare l’altro in uno spazio di accoglienza e tenerezza. Quando ogni nostro gesto consapevole e intenzionale è colmo di accuratezza, presenza e attenzione, il nostro essere professionisti della cura e della relazione diventa terreno fertile per far fiorire noi stessi, le persone di cui abbiamo cura, i colleghi, i famigliari, l’organizzazione.
La dott.ssa K. Neff, psicologa e ricercatrice, ci suggerisce alcuni ingredienti speciali per avere cura con gentilezza di noi stessi:
- auto-gentilezza,
- senso di umanità
- consapevolezza
Con auto-gentilezza, la psicologa intende la capacità di avere cura di sé stessi con la stessa gentilezza, comprensione e supporto che si offrirebbe a un amico caro, specialmente nei momenti di difficoltà. Significa essere gentili e comprensivi verso sé stessi, evitando l’autocritica eccessiva e riconoscendo che tutti commettiamo errori e affrontiamo sfide. Questo ci consente di mantenere un equilibrio emotivo e promuovere il benessere psicologico.
Con senso di umanità, la ricercatrice fa riferimento alla capacità di riconoscere che tutti gli esseri umani condividono esperienze di sofferenza, fallimento e imperfezione. Le sfide che affrontiamo non sono uniche o isolate, ma fanno parte dell’esperienza umana universale.
Questo senso di umanità comune ci aiuta a sentirci meno soli nei momenti di difficoltà e a sviluppare una maggiore empatia verso noi stessi e gli altri. Invece di sentirci isolati o giudicarci severamente quando commettiamo errori, possiamo ricordarci che tutti attraversano momenti delicati. Nutrire il senso di umanità permette la crescita personale e del team, poiché riconosciamo che lavorare insieme è essenziale per affrontare le sfide.
Nel contesto dell’autocompassione, definisce la consapevolezza come la capacità di essere pienamente presenti e consapevoli del momento presente, senza giudizio. Questo significa riconoscere i propri pensieri e sentimenti così come sono, senza cercare di sopprimerli o negarli. La consapevolezza implica una comprensione chiara e obiettiva delle proprie esperienze, permettendo di osservare le proprie emozioni e pensieri, senza essere sopraffatti da essi. Questo fa sì che riusciamo a mantenere un equilibrio emotivo e a rispondere alle situazioni in modo più calmo e riflessivo. In pratica, la consapevolezza ci permette di accogliere le nostre esperienze, anche quelle difficili, con gentilezza e comprensione, favorendo così un maggiore benessere psicologico e una migliore gestione dello stress.
Un bottino emozionale.
Stephen Covey introduce il concetto di “conto corrente emozionale” come una metafora per descrivere la fiducia accumulata nelle relazioni interpersonali.
Ecco come aumentare il nostro bottino emozionale:
- comprendere ciò che per gli altri è un valore: ogni individuo ha un proprio “conto corrente emozionale” basato sulle priorità e sui valori personali. Per costruire relazioni di fiducia, è fondamentale capire cosa è importante per l’altra persona. Questo richiede ascolto attivo e empatia, per cogliere le esigenze e i desideri dell’altro.
- intraprendere azioni a beneficio della persona: una volta compresi i valori, i bisogni, i desideri dell’altro, è importante agire in modo che queste le nostre azioni siano percepite come benefici. Questo può includere gesti di gentilezza, mantenere le promesse, mostrare rispetto e considerazione… Ogni azione positiva può essere vista come un “deposito” nel conto corrente emozionale dell’altra persona, aumentando la fiducia e la qualità della relazione.
Pensa a tutte le azioni di cura e relazione nella tua giornata di lavoro. Covey sottolinea che le relazioni di fiducia si costruiscono attraverso continui “depositi” di fiducia, mentre i “prelievi” (azioni negative o mancanza di rispetto) possono diminuire il “saldo” di fiducia accumulato. Chiediamoci spesso: le mie azioni come hanno fatto sentire l’altro? Cosa posso fare di diverso perché le mie azioni siano di beneficio e aumentino il bottino emozionale?
La gentilezza è intrinsecamente un dovere morale di agire che va oltre la responsabilità legale, soprattutto quando l’azione va sostanzialmente a beneficio di un’altra parte (cfr. Caldwell, et al, 2014; Murphy, 2001).
La gentilezza permea il comportamento che, come atto consapevole e deliberato, deriva da:
- la capacità cognitiva di comprendere i bisogni altrui;
- le convinzioni sulle norme comportamentali accettabili e doveri che si hanno nei confronti degli altri e l’intelligenza emotiva nell’elaborare una risposta adeguata agli altri;
- atteggiamenti affettivi sui valori associati alla gentilezza e alla compassione, la capacità emotiva di immedesimarsi;
- aspettative sui doveri dovuti o sulla responsabilità personale di agire, la volontà di conformarsi alle norme interpersonali percepite e la percezione di sé sulla capacità di controllare la propria risposta a una situazione;
- l’intenzione di agire in modo gentile per onorare la relazione percepita cognitivamente e affettivamente come un dovere;
- le proprie azioni nel trattare gli altri in modo percepito come gentile e moralmente appropriato (Fishin & Ajzen, 2010).
La gentilezza è l’antidoto al burnout e ai maltrattamenti.
Il maltrattamento non è solo la violenza fisica di un professionista rivolta verso la persona di cui dovrebbe avere cura. È qualcosa di più. Il maltrattamento è la sensazione di inadeguatezza, di impotenza che investe l’operatore. Inizia lentamente, in modo strisciante e silenzioso. Comincia nelle trascuratezze, nel momento in cui non sappiamo più vedere la persona al di là della malattia, al di là dei suoi sintomi. Nel momento in cui chi coordina, chi dirige il servizio, non riesce più a vedere le persone come parte di una squadra appassionata a un obiettivo, a un risultato, che scende in campo per vincere. E vincere cosa? Vincere i risultati del benessere, della serenità e tutti quei risultati misurabili e che sono l’elemento della qualità della vita delle persone.
Allora, che cos’è la gentilezza? All’interno del libro La gentilezza nelle relazioni di cura, la gentilezza è stata definita come l’antidoto al maltrattamento. Nuovi semi di gentilezza sono da mettere a dimora nelle organizzazioni, da coltivare con accuratezza affinché diventino germogli capaci di far fiorire processi innovativi e nuove modalità di essere cura.
Cosa accade nelle residenze per anziani dove aleggia la trascuratezza? Si comincia a smettere di sentire “perché tanto urla sempre e non c’è niente da fare”, a non vedere e passare oltre, a lasciar perdere, dicendo a se stessi che non si ha colpa, perché sono l’organizzazione e la mancanza di tempo che portano a lavorare come un automa. Lo stress all’interno delle organizzazioni di cura è una realtà diffusa. I fattori possono essere molteplici, e la risposta del corpo può causare o aggravare la salute psicologica e fisica. Si smette di vedere le persone. Compresi se stessi. Il rischio è elevato: da professionista della cura, diventare carnefice.
Abbiamo bisogno che si ritorni ad essere umani, riappropriandosi della gentilezza del gesto che Cura, promuovendo resilienza e benessere.
L’impatto significativo sulle emozioni e sul benessere.
Identificare modi per portare gentilezza e compassione nell’assistenza sanitaria ha il potenziale di influenzare la qualità dell’interazione tra residente e operatore. Cosa posso fare come professionista della Cura e della Relazione “nel mio piccolo”? Perché dovrei aumentare la soft skill della gentilezza?
Ecco alcuni punti chiave:
- riduzione dello stress: la gentilezza può agire come un antidoto allo stress. Quando i professionisti della cura praticano la gentilezza verso se stessi e verso gli altri, possono gestire meglio le situazioni di stress e fatica emotiva.
- miglioramento delle relazioni: la gentilezza favorisce relazioni più positive e collaborative tra i membri del team di cura. Questo può portare a un ambiente di lavoro più armonioso e a una maggiore soddisfazione lavorativa.
- aumento della soddisfazione del paziente: i residenti tendono a valutare positivamente la qualità delle cure ricevute quando percepiscono gentilezza ed empatia da parte dei professionisti della salute.
- benefici emotivi: la pratica della gentilezza può aiutare i professionisti della cura a mantenere un equilibrio emotivo, permettendo loro di affrontare meglio il dolore e la sofferenza degli altri senza esserne sopraffatti.
- crescita personale e professionale: allenare un mindset orientato alla gentilezza può portare a una crescita personale e professionale, migliorando le competenze relazionali e aumentando la resilienza.
Campo di allenamento della gentilezza.
Uno studio pubblicato nel 2013 (C. Cooper, B. Dow, S. Hay, D. Livingston e G. Livingston), per la prima volta ha chiesto in forma anonima agli operatori di definire le forme di maltrattamento e le loro cause. La ricerca ha anche portato a identificare gli elementi e le azioni ritenute un antidoto ai maltrattamenti. Ne riporto alcuni, con la traccia dei riferimenti di cui abbiamo parlato nei nostri precedenti articoli:
- è stato utile quando gli operatori si sono sentiti parte di una squadra e hanno potuto chiedere aiuto in caso di problemi (lavorare in team);
- tutti i gruppi hanno parlato dell’importanza della formazione e della conoscenza, e dei modi in cui hanno imparato a ridurre la reattività (del residente) senza ricorrere all’abuso (crescita professionale, metodi innovativi);
- si tratta solo di essere in grado di parlare con calma e credo che a volte questo possa aiutare (creare relazione con intenzione e consapevolezza);
- non essere rumorosi e acuti (ambiente e voce);
- è diverso, dipende dalla situazione. A volte lascio il cliente (non collaborativo) per un po’, esco per calmarmi e a volte cerco di convincerlo (avere cura delle proprie emozioni, competenza e contagio emozionale);
- si tratta solo di scoprire quelle piccole cose che rendono quel posto una casa per loro (conoscenza della storia di vita della persona, dei suoi desideri, come gli anziani e le persone con demenza vorrebbero che fosse una residenza per anziani).
Queste azioni sono semplici, dovrebbero essere la normalità in una residenza per anziani. Ma ci si è adattati al “si è sempre fatto così”, al non chiedersi più che cosa scatena un “disturbo del comportamento” e giustificare la poca capacità di trovarne il perché con “fa così perché ha la demenza, perché ha…”, ad un modello organizzativo poco consapevole del proprio stato dell’essere e del futuro che desidera costruire.
Ecco perché la gentilezza è la strada da percorrere:
il successo degli atti gentili può essere dovuto al potenziale elemento di novità che contrasta gli effetti di adattamento (Brickman & Campbell, 1971; Brickman, Coates & Janoff-Bulman, 1978).
La gentilezza è contagiosa.
Lo studio di Keltner et al. (2014) ha dimostrato che la gentilezza è contagiosa, ovvero che un atto di gentilezza può innescare una catena di comportamenti gentili tra le persone.
Ecco come può avvenire:
- imitazione sociale: le persone tendono a imitare i comportamenti che osservano negli altri. Quando vediamo qualcuno compiere un atto di gentilezza, siamo più inclini a fare lo stesso, creando un effetto domino di gentilezza.
- empatia e connessione: gli atti di gentilezza aumentano i livelli di empatia e connessione tra le persone. Quando qualcuno è gentile con noi, ci sentiamo più vicini a loro e siamo più propensi a rispondere con gentilezza.
- benessere emotivo: la gentilezza non solo migliora il benessere di chi la riceve, ma anche di chi la pratica. Questo aumento del benessere emotivo può motivare ulteriori atti di gentilezza.
- norme sociali: in ambienti dove la gentilezza è comune, diventa una norma sociale. Le persone si sentono il desiderio di conformarsi a queste norme, perpetuando comportamenti gentili.
Questi meccanismi spiegano perché la gentilezza può essere un potente antidoto ai maltrattamenti. Promuovendo un ambiente di gentilezza, moltiplicando atti di gentilezza, possiamo ridurre i comportamenti negativi e creare una cultura di rispetto e supporto reciproco. È falso dire che “non possiamo fare niente”. Possiamo fare accadere molto scegliendo di divenire per primi attori e pro-motori di gesti di cura colmi di gentilezza.
Che aspetti? Inizia a giocare con il boomerang della gentilezza.
Immagina di lanciare un boomerang: quando lo fai, metti in moto un’azione che, dopo aver percorso un certo tragitto, ritorna a te. Allo stesso modo, quando compi un atto di gentilezza, stai lanciando un boomerang di benefici intorno a te e nel mondo.
Ecco come funziona:
- lancia il boomerang della gentilezza: incontra le persone di cui hai cura nello sguardo, ricerca il contatto visivo, indossa il tuo più bel sorriso, offri il tuo gesto di aiuto, chiedi “come posso aiutare?”, regala una parola di incoraggiamento, scegli il con-tatto gentile. Gli esseri umani rispondono positivamente al tocco premuroso con una risposta di rilassamento e una diminuzione della pressione sanguigna (Light KC, Grewen KM, Amico JA, 2005). Il tocco premuroso riduce il dolore e promuove la connessione sociale (Campo T., 2010). Alla persona che li gradisce, gli abbracci sono molto efficaci per alleviare lo stress e possono influenzare la risposta alle infezioni virali.
- Segui il percorso del boomerang: la tua gentilezza non si ferma alla persona che la riceve. Spesso, chi riceve un atto di gentilezza è ispirato a fare lo stesso con altri, creando una catena di comportamenti positivi. Osserva come la gentilezza si espande.
- Ritorno del boomerang: la gentilezza trova il modo di ritornare a te. Può manifestarsi sotto forma di gratitudine, miglioramento delle relazioni, o semplicemente un aumento del tuo benessere emotivo.
- Rilancia il boomerang: inizia con tre lanci e poi continua il tuo allenamento. Ogni atto di gentilezza, per quanto piccolo, ha il potere di generare un impatto positivo che, alla fine, ritorna a chi lo ha iniziato. La parte più importante è sperimentare la gentilezza regolarmente.
Il fatto che aumentare le emozioni positive, migliorare la connessione interpersonale e indurre un cambiamento di comportamento pro-sociale sia possibile attraverso la gentilezza, apre l’opportunità di rafforzare la resilienza in contesti di maggiore stress come le organizzazioni di cura (Fryburg DA., 2021).
Che prenda subito il via il lancio del boomerang della gentilezza, fa che arrivi a più persone possibili.
APPROFONDIMENTI
- La gentilezza nelle relazioni di cura è il seme che può far rifiorire le organizzazioni.
- Ascolta “Gocce di Cura in RSA” un percorso per scoprire un modo nuovo di guardare alla demenza
- La gentilezza è una qualità allenabile e il modo più delicato che la natura ha pensato per noi per condurci in uno stato di benessere fisico e mentale. Ascolta il podcast Gentilezza, per una mente sana.
- Esprimere parole di gentilezza verso sé stessi è la premessa per il cambiamento. Le parole che rivolgiamo a noi stessi hanno bisogno di magia.
- Allena la tenerezza: un’emozione delicata che ci permette di toccare l’anima degli altri e farli sentire visti e compresi e che ci consente di renderci visibili ai nostri occhi.
- La gentilezza accurata ed intenzionale è un modo di creare relazioni di valore. E’ impegno, desiderio di offrire all’altro il proprio La gentilezza è lo stato nascente della qualità del lavoro, delle relazioni, del volontariato maturo. E’ l’ingrediente da allenare nelle nostre scuole e nelle nostre aziende, negli ospedali e nelle residenze per anziani, negli uffici pubblici. E’ il seme profondo della rigenerazione