Alzheimer e dolore fisico: le scale di valutazione osservazionali. Uno strumento per i carepartners.

Lunedì 5 luglio, ore 11: Luisa sta riposando all’ombra del salice in giardino sulla sua sdraio, quando all’improvviso un urlo squarcia la quiete. Urla disperata per alcuni minuti, parole incomprensibili che risuonano senza alcun senso. A nulla servono i miei tentativi per calmarla, rassicurarla. Penso si sia spaventata vedendo qualche animale, magari una lucertola che lei ogni tanto scambia per un serpente, animale del quale ha molta paura.
Giovedì 9 luglio, ore 17: Luisa ha mangiato molto volentieri il budino al cioccolato che sua figlia le ha preparato con tanto amore e con quell’ingrediente speciale che tanto piace alla sua mamma, un pizzico di cannella. Dopo circa mezzora inizia a girare frettolosamente tra le stanze di casa, la osservo e sul suo viso noto preoccupazione, le chiedo se c’è qualcosa che non va e lei mi risponde con tono rabbioso di lasciarla in pace. Mi allontano e continuo ad osservare il suo comportamento, sembra cercare qualcosa: apre e chiude cassetti e sportelli. Ogni tanto si appoggia una mano sul basso ventre e si piega leggermente in avanti, poi riprende la sua ricerca. Le chiedo se ha male e lei mi manda via bruscamente. Dopo circa un’ora si siede sul divano e si appisola.
Sabato 11 luglio, ore 15: Luisa esce dalla sua stanza sudata e in preda all’agitazione. Né io, né la figlia riusciamo a capire cosa sia accaduto, stava dormendo così tranquilla solo pochi minuti prima… Fa molto caldo oggi, forse si è svegliata per questo. L’accompagniamo in giardino, all’ombra del salice dove una lieve brezza sembra calmarla insieme a un bel bicchiere di limonata fresca. Anche oggi osservo che si tiene una mano sul grembo e quando le chiedo se ha mal di pancia, lei mi risponde chiedendomi “dov’è Massimo?”, suo figlio che vive in America.
Domenica 12 luglio, ore 5: Luisa si alza e va in bagno, è seduta sulla toilette ed inizia a piangere disperatamente. Accorro e cerco di consolarla. Soffre molto per la distanza che la separa dal figlio Massimo, è da ieri sera che lo nomina quasi di continuo. Abbiamo dovuto darle delle gocce per farla addormentare.
Tenere un diario nel quale annotare i cambiamenti, i fatti salienti, ciò che di bello abbiamo fatto accadere, narrare gli istanti di magia che abbiamo vissuto accanto al nostro caro che vive con demenza, può diventare un utile strumento per i carepartners nella ricerca dei motivi che possono scatenare comportamenti speciali.
La lettura di un singolo episodio, che si verifica in giornate diverse, può assumere significati differenti, facendo allontanare dal messaggio che la persona di cui si ha cura sta comunicando.
Rivedere il diario, può aiutare a trovare la strada per accogliere il significato di uno o più comportamenti, anche diversi tra loro, inserendoli in un contesto più ampio che apre alle possibilità. Il diario può costituire un eccellente strumento per un’efficace diagnosi da parte del medico che che ci accompagna nell’essere accanto al nostro caro.
Comunicare il dolore può sembrare la cosa più semplice del mondo. Se pensiamo ad una neomamma con il suo piccolo cucciolo che piange, l’immagine che si crea nella nostra mente attribuisce a quel pianto alcuni significati universali: ha fame, ha dolore, non si sente al sicuro, ha freddo, ecc. E sembra che le mamme abbiano un sesto senso nella comprensione delle diverse sfumature di tono ed intensità di quel pianto, tanto da riuscire a darne un’efficace risposta. Se pensiamo ad un anziano che vive con demenza e alle persone che ne hanno cura, l’immagine che si crea nella nostra mente non è così chiara nel significato: il pensiero divaga alla ricerca di una spiegazione plausibile che spesso esula da una delle principali cause che scatena comportamenti speciali, ovvero il dolore.
Molti studi confermano che quando notiamo qualcosa di diverso, di insolito nel comportamento delle persone delle quali abbiamo cura, la prima cosa che diventa importante è assicurarci che quel comportamento non costituisca un rischio, un pericolo. In questo processo di osservazione e valutazione il nostro cervello lavora a “risparmio di energia”: se legge la situazione come familiare o sicura per il nostro caro, potrebbe fermarsi a questa interpretazione del comportamento, senza investire ulteriore energia per esplorare altre possibilità e altri motivi.
Come riconoscere il dolore che il nostro caro sta sperimentando?
Imparando ad utilizzare delle semplici scale di valutazione del dolore che orientano ad osservare e raccogliere alcuni dati, offrendoci allo stesso tempo la possibilità di essere in relazione con la persona di cui abbiamo cura, accompagnandoci ad ascoltare il loro sentire. Focalizzano la nostra attenzione su suoni, espressioni del corpo, percezioni, emozioni, sensazioni, gusti, accogliendo ciò che notiamo di insolito, come qualcosa di nuovo tutto da esplorare.
Talvolta può risultare faticoso dare ascolto alle proprie emozioni e ascoltare ciò che il corpo ci racconta durante il processo d’ indagine del dolore della persona della quale abbiamo cura.
Valutare il dolore in una persona anziana con fragilità cognitiva rappresenta una sfida perché ci chiama ad esplorare qualcosa che il nostro caro non racconta con le parole, ma attraverso un linguaggio speciale: per farci arrivare il suo messaggio di dolore, attinge alle risorse che ancora ha. Osservare con attenzione, oltre lo stigma attribuito ai comportamenti delle persone che vivono con demenza, ci consente di s-velare possibilità per aiutarlo a ritrovare benessere e migliorare la sua qualità di vita.
Gli studi scientifici hanno dimostrato che la malattia non compromette la percezione dello stimolo doloroso, ovvero la persona con demenza prova dolore, ha però difficoltà nell’esprimere verbalmente quanto dolore prova e nel dire in quale parte del corpo ha dolore. Ad esempio: un insolito battere con le mani sulle orecchie, potrebbe s-velare un dolore in quella parte del corpo; lascia fuoriuscire il cibo dalla bocca, potrebbe avere mal di gola o ai denti, ecc. Ogni carepartner quindi, ha la possibilità d’interpretare il dolore del proprio caro sviluppando un atteggiamento di ascolto e l’osservazione di:
- espressioni del viso che esprimono disagio, sofferenza, paura
- lamento, pianto, urlo
- movimenti corporei che gli consentono di alleviare il dolore
- posizioni per proteggere parti del corpo
- modificazioni delle relazioni interpersonali
- modificazioni nelle abituali attività
- modificazioni, anche improvvise, dell’umore, delle espressioni verbali, re-azioni insolite, ecc.
Il nostro caro “sente” e sperimenta dolore esprimendolo attraverso le emozioni. Le scale di valutazione osservazionali possono diventare strumento di conoscenza che accoglie e cura.
La scala PAINAID è stata sviluppata specificamente per le persone che vivono con demenza. È semplice da utilizzare, con elementi ben definiti e rapida da compilare. È composta da 5 punti da prendere in considerazione:
- le caratteristiche della respirazione, definite attraverso alcune tipologie di respiro e lo sforzo
- l’espressione verbale attraverso lamento, grido, pianto
- l’espressione del viso
- lo stato di rilassamento o di tensione del corpo
- la risposta ad azioni che possono consolare
A seconda dell’intensità alle caratteristiche descritte, viene attribuito un punteggio numerico che permette di rilevare nel tempo la presenza o meno di dolore.
L’obiettivo è riconoscere il messaggio che s-vela dolore, risalire alla sua causa per attivare le possibilità di averne cura riconducendo al benessere e mantenere le capacità di osservazione nel tempo. Se ci diamo il permesso di coltivare e nutrire questi strumenti, anche attraverso la loro sperimentazione su noi stessi, ci offriamo la possibilità di creare nuove occasioni per dare voce al reciproco “sentire”.
Inizia già oggi a tenere il diario, annota preziosi ricordi degli istanti vissuti insieme al tuo caro e tutto ciò che può esserti utile a guardare ai suoi comportamenti sotto una nuova luce. Nelle prossime settimane, nel gruppo Facebook Sente-mente® Formazione, approfondiremo uno ad uno gli aspetti della scala PAINAID (Pain Assestment In Advaced Dementia), affinché diventino strumenti quotidiani che apportano ben-essere nella vita e nell’aver cura delle persone che amiamo. Puoi anche iscriverti alla newsletter dedicata ai Carepartners per ricevere settimanalmente l’approfondimento di tante tematiche utili: scrivi a info@letiziaespanoli.com con oggetto “Newsletter per i Carepartners”.
“Le ferite invisibili sono le più difficili da curare e spesso la loro guarigione dipende dall’amore incondizionato degli altri.”
Kate Swaffer
MATERIALE A LIBERO UTILIZZO PER LA STAMPA