Solo le mani fanno cura? Oppure lo sguardo potrebbe essere differenza?
Quando è stata l’ultima volta che hai sostato nello sguardo della persona di cui hai cura?
Forse, come professionisti della cura e della relazione, abbiamo a volte poca consapevolezza di quanto il nostro “essere” diventi esso stesso terapia, di quanto sia importante coniugare le competenze professionali e quelle umane per creare cocktail speciali di fiducia e di speranza, sentimenti indispensabili al benessere di ciascuno.
Nella riflessione che vi propongo oggi, mi inoltro in un aspetto della natura umana che, nella sua semplicità, è capace di portare valore aggiunto ad ogni relazione: LO SGUARDO.
Nella relazione di cura, in particolare, lo sguardo diventa la porta d’accesso all’altro e soprattutto un faro che può portare luce all’interno di momenti grigi che la persona sta attraversando.
Se guardo negli occhi riconosco l’esistenza della persona e il mio sguardo diventa una tacita richiesta del permesso di avere cura di lei, di poter entrare in con-tatto con il suo corpo. Non è scontato infatti che la persona debba accettare incondizionatamente i miei gesti di cura, ma attraverso lo sguardo posso creare quella connessione che accende la fiducia. Lo sguardo, quindi, deve sempre precedere ogni azione di cura. Quando incontro la persona e la saluto, prima di accompagnarla con la carrozzina sulla quale è seduta, quando le offro del cibo o l’aiuto nelle pratiche quotidiane, quando le pongo una domanda, quando semplicemente le voglio stare accanto per comprendere il suo sentire.
Non è uno sguardo che si appoggia,
ma è uno sguardo che incontra gli occhi e si tuffa
nei paesaggi dell’anima dell’altro
L. Espanoli
Per far sì che la relazione diventi realmente terapeutica, come professionisti abbiamo bisogno di educarci ad uno sguardo che sappia andare oltre il visibile, per oltrepassare il confine dell’apparenza e inoltrarsi negli sconfinati territori di quel “sentire” così complesso da esprimere con le parole. Se l’apparenza ci mostra corpi ammalati, emaciati, deperiti, contratti, nello sguardo abbiamo la straordinaria possibilità di incontrare l’essenza della persona, di guardare oltre l’esteriorità e in questo modo di porre le fondamenta per costruire una relazione d’aiuto efficace.
La scienza ha largamente esplorato i potenti effetti del contatto visivo. In uno studio, di cui allego il link di approfondimento, si indagano gli effetti del tocco umano e dello sguardo nelle relazioni terapeutiche e nella guarigione, si evince come un incontro di sguardi sia capace di attivare i neuroni specchio e di conseguenza avviare la produzione di ossitocina, neurotrasmettitore della fiducia e del legame capace di ridurre la risposta fisiologica dello stress. E ancora, Fabrizio Benedetti, nel suo libro “la speranza è un farmaco” ci ricorda: “Le parole e la relazione empatica, abbassano la percezione del dolore grazie alla produzione di endorfine e migliorano il tono dell’umore come conseguenza della messa in circolo di ossitocina e serotonina “.
L’ossitocina è una molecola che, contrariamente a quanto si riteneva in passato, non viene prodotta solo durante il momento del parto, ma in ogni circostanza piacevole della vita. Uno sguardo compassionevole e presente, accompagnato da un sorriso, è in grado di attivarne la produzione e in questo senso possiamo parlare di potere terapeutico dello sguardo che, secondo lo studio citato, stimola il sistema nervoso parasimpatico il quale a sua volta rilascia sostanze chimiche che consentono la neuroplasticità e la neurogenesi. Se la neuroplasticità è la capacità del cervello di modificare la sua struttura in base alle esperienze e la neurogenesi è quella di generare nuove cellule nervose, si può davvero comprendere come lo sguardo possa essere considerato parte integrante del processo di cura.
Ti invito dunque a “mettere i tuoi occhi in azione” accompagnando il tuo sguardo intenzionalmente negli occhi delle persone di cui hai cura, per diventare capace di cogliere le sfumature del non detto e dare significato anche al silenzio.
E se sostare negli occhi dell’altro ti mette a disagio, inizia ad allenarti con te stesso. Regalati qualche minuto al mattino davanti allo specchio, guardati negli occhi e sostieni il tuo sguardo per un paio di minuti. Guardati nello stesso modo con cui guarderesti la persona a te più cara e accogli le emozioni che sentirai emergere dentro di te. È una piccola esperienza da ripetere ogni giorno che ti farà sperimentare la potenza dello sguardo.
Per approfondire:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6382052/
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