Nel tuo risveglio…le tue potenzialità!
“Di notte non dorme…si sveglia, mi chiama, parla, si vuole alzare…si siede sul letto, lavora, chiama per essere aiutata. Non so più come fare” sono le parole che tanti familiari hanno pronunciato nel prendersi cura di una persona che vive con demenza e sono le richieste di un familiare che desidera cercare una soluzione, un sollievo per il proprio caro e per sé stesso.
E’ possibile che, quando stai vivendo questa situazione e la sensazione di non trovare un rimedio, la tua mente sia affaticata, quasi annebbiata, il corpo stanco, le tue risorse per trovare una soluzione stiamo terminando e ti sembra di non farcela.
Quando siamo carepartner ci dimentichiamo talvolta che, quando ci prendiamo cura di una persona e di un problema intercorrente, abbiamo bisogno di viverlo e di immaginarci in una dimensione di processo: da ogni errore, da ogni passo, anche se non ha portato ancora alla risoluzione del problema, si può imparare e alla soluzione si arriva per tentativi e talvolta pensando fuori dagli schemi. Questo atteggiamento, del saper stare nel processo, fatto di pensieri e di approccio, aiuta il carepartner a prendersi cura di sé, delle proprie emozioni, delle proprie risorse e delle proprie energie, nonostante il problema non sia ancora del tutto risolto o risolto parzialmente.
Puoi chiederti:
- Come mi sento quando vengo svegliato?
- Che sensazioni provo quando una persona non fa quello che vorrei?
- Come mi sento quando non riesco a trovare la soluzione per il problema dell’insonnia?
- Quali risorse ho messo in campo per risolvere il problema?
- Le soluzioni che ho pensato sono fuori da me o prevedono anche un mio cambiamento?
Tutti i carepartner di notte desiderano poter dormire ed essere energici al mattino seguente, e poter sapere che la persona anziana di cui si prendono cura ha dormito, tuttavia spesso non è così. Allora per aiutarti, puoi chiederti: come desidero sperimentare quel risveglio che vivrò di notte? Posso viverlo come un grande problema, un incubo e arrabbiarmi con la persona che mi sveglia, alimentando il proprio stato di stress, oppure posso coglierlo come un momento prezioso per crescere, nonostante tutto, attraverso la mia flessibilità. Per poter trovare nuovi “indizi”, attraverso le sue parole, attraverso le sue emozioni, attraverso le sue richieste, per poter aiutare la persona attraverso atti di cura, che profumano di Vita.
I problemi del sonno nelle persone anziane, soprattutto in coloro che vivono nelle strutture residenziali, sono comuni. Molti fattori collegati all’ambiente e alle caratteristiche di ogni persona contribuiscono alla difficoltà del dormire. Vanno attentamente considerati la presenza di eventuale dolore, di eventuale reflusso gastro esofageo, di nicturia (aumento della produzione di urina di notte e quindi dell’esigenza di urinare e quindi la sensazione di scomodità e lo stimolo ad alzarsi), alcune terapie farmacologiche, che se assunte a ridosso della notte, possono interferire con il sonno.
(da “Trattato di Cure Infermieristiche” di Saiani e Brugnolli).
Per questo è importante condividere con il medico curante la scelta della terapia farmacologica, integrata alle informazioni e agli “indizi” che si posseggono rispetto alla storia di vita della persona. Le terapie, approvate dalla Food and Drug Administration per i disturbi del sonno, sono farmaci a base di benzodiazepine, molecole ad azione ansiolitica (per la riduzione dell’ansia). Altre sono molecole a base di ipnotici e sedativi, farmaci che rispettivamente inducono il sonno e che inducono uno stato di calma nella persona, creando un senso di riposo e di rilassamento. Anche la melatonina, ormone prodotto dal cervello naturalmente, può essere assunta per favorire il sonno. Per la valeriana, che possiede un effetto sedativo, va valutata la composizione del preparato e soprattutto l’interazione con altri farmaci prescritti. Infine possono esser prescritti farmaci che antidepressivi, che se assunti la sera, possono facilitare anche il sonno, oltre alla loro funzione principale.
Tutto questo talvolta non basta: utilizzare solo la prescrizione di una terapia farmacologica per l’insonnia nell’anziano può spesso funzionare parzialmente o per nulla, inducendo a cambi di terapia e di molecole utilizzate, in poco tempo. Questo può esporre a interazione tra molecole di farmaci ed aumentare il rischio di effetti collaterali. Importante è quindi, da subito, considerare anche le abitudini attuali e di una vita della persona: il lavoro che ha svolto nella vita, le sue abitudini di vita e le attività giornaliere (quali sono? Esiste un equilibrio tra attività stimolanti e inattività? Fa attività fisica?) e notturne, come ha vissuto in passato il “passaggio” dal giorno alla notte, le abitudini alimentari e di idratazione (cenare troppo tardi o con cibi difficilmente digeribili può favorire l’insonnia, come anche assumere sostanze eccitanti come il caffè), guardare la tv di sera e soprattutto la qualità dei programmi (di cosa parlano? come si esprimono i giornalisti o i presentatori? che musiche utilizzano?), le caratteristiche della stanza da letto e dell’ambiente (temperatura, luce, colori, rumori che possono influenzare il sonno).
Le persone si addormentano solo se si sentono comode e rilassate (Dochtermann e Bulecheck, 2004). Potrebbe essere utile pensare a condividere e vivere insieme al proprio caro delle attività stimolanti, piacevoli, che si ama fare, durante il giorno, a seconda delle abilità e delle preferenze, che possano favorire poi il sonno notturno. Questo va progettato insieme alla persona. Alcune persone preferiscono e hanno sempre scelto degli spuntini leggeri prima di andare a letto, altre invece hanno sempre amato sorseggiare delle tazze di latte caldo, latte di avena o infusi prima di andare a letto. Generalmente un pasto completo a cena è sconsigliato in quanto spesso può provocare disturbi gastro-intestinali.
Ecco che allora tutte queste informazioni, ricerche più approfondite e tentativi possono notevolmente aumentare la probabilità di trovare una soluzione o più soluzioni al problema intercorrente e soprattutto nutrire uno stato di benessere, attraverso la resilienza, del carepartner. Giocare in squadra sarà importante: nella triade terapeutica sarà importante che ogni contributo sia nella direzione della risoluzione integrata del problema così ogni professionista può investire la propria competenza e ogni familiare, che ha l’onore di conoscere la persona, poter orientare i professionisti, nella ricerca della soluzione, per crescere tutti insieme.
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