Alzheimer: contenzione fisica o protezione? 1/5
Nasciamo legati ad un “cordone” e per opera di una professione sanitaria veniamo “liberati” dal corpo di nostra madre. Con quell’atto, quel professionista della salute ci sussurra e ci promette “Sei libero e lo sarai per sempre”.
Ma per qualche gioco beffardo della vita, se abiti in Italia o in altri paesi del mondo, se la demenza arriva nella tua vita e con essa i disturbi del comportamento (vagabondaggio, aggressività…) sei quasi condannato, soprattutto se andrai ad abitare tra le mura di una residenza per anziani (stile 1.0 ovvero quelle che sanno fare solo ospitalità: mangiato, bevuto, dormito, lavato … e che ti trattano come un corpo da accudire ed una serie di bisogni di soddisfare) a vederti apporre addosso qualche forma di contenzione fisica.
E cosi la promessa iniziale viene infranta. Nato legato, liberato per mano sanitaria, verrai cosi legato e costretto a vivere il resto della tua vita tra un letto con le spondine ed una sedia a rotelle con le contenzioni. Se ti andrà male avrai anche una cintura da letto durante la notte. Ci sono ancora medici che prescrivono contenzione fisica notturna? Mi spiace dirlo, ma la risposta è si.
È definita contenzione fisica qualsiasi azione o procedura che impedisca il movimento libero del corpo verso una posizione scelta e/o il normale accesso al corpo, attraverso l’utilizzo di qualsiasi mezzo a contatto o nei pressi del corpo della persona, che la persona stessa non può controllare o rimuovere con facilità. (“Physical Restraints: Consensus of A research definition using a modified Delphi technique” 2016)
Viviamo in un paese che ha una carta costituzionale davvero interessante per alcuni versi: l’art. 13 della nostra Costituzione sancisce che la libertà personale inviolabile e che “non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
Ecco allora che il valore della libertà diventa costitutivo ed anima anche i processi di Cura. E che dire della Convenzione di Oviedo (“Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della bioloia e della medicina: Convenzione sul diritti dell’uomo e la biomedicina”) adottata a Nizza il 07.12.00 e ratificata dallo Stato italiano con legge 28.03.01, n. 145? Tale documento stabilisce all’art. 5, quale norma generale che “un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato. Tale persona riceve preliminarmente informazioni adeguate sulle finalità e sulla natura del trattamento nonché sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, revocare liberamente il proprio consenso”.
Allora in questo nostro primo articolo per approfondire il tema fermiamo per in istante il focus sul rischio della contenzione per arrivare ad affrontare la necessità di far evolvere le residenze per anziani e la cultura della cultura al 2.0 (residenze che accolgono e creano giornate di vita, per ogni tipologia di persona, ricche di possibilità, cura e benessere libere da contenzione fisica e farmacologica utilizzate soprattutto, come vedremo, dalle 1.0 per motivi più organizzativi che non per la reale necessità della persona).
I benefici sembriamo conoscerli? Conteniamo per prevenire le cadute, conteniamo per proteggere la persona. Personalmente trovo davvero disonesto pensare che ci siano regioni che hanno scritto, all’interno dei loro documenti, “protezione” anziché “contenzione”,. Mi sembra davvero meschino risolvere una problematica cosi complessa della cura attraverso il cambio di parola che stravolge il senso, assolve colui che prende la decisione portandolo a credere di aver fatto cosi la cosa giusta.
Ma le conseguenze sulla persona anziana le conosciamo? Beh sono davvero tante, forse troppo. Vediamole insieme:
Mi sembra davvero un caro prezzo da far pagare alle persone che vivono nelle residenze per anziani, mi sembra una scorciatoia semplicistica per non affrontare i temi reali ovvero la non sempre presenza in servizio del giusto numero di risorse (il tempo del covid ha aggravato questo con turni estenuanti, con aziende ospedaliere e territoriali che senza nessuna remora hanno aperto concorsi “svuotando” le residenze per anziani dalla presenza di infermieri e “svuotando” quindi l’accuratezza del gesto che osserva e cura), la non reale capacità a far fronte a quei comportamenti disturbanti delle persone che vivono con demenza che non hanno bisogno di una bambola o di una foca, ma di un reale sistema organizzativo e culturale di cura capace di leggere il loro disagio (ne parleremo nelle prossime puntate di questo argomento), la paura di assumersi dei rischi durante lo svolgimento del progetto di assistenza individualizzata perché incapaci di alleanze terapeutiche forti con le famiglie (aggravate ancor di più dal periodo storico – eppure c’è chi continua a vivere l’incontro di equipe per la stesura del pai con la presenza del famiglia in zoom).
Mai come nella contenzione è vero che se non sai trovare una strada troverai una scusa. E che quando il perché è forte un come lo si trova sempre. Che manchi nel cuore e nella mente dell’organizzazione un forte perché?
Raccontami quanti anziani sono contenuti nella tua residenza, quanti di loro trascorrono la vita tra un letto con le sponde ed una sedia con il tavolino servitore, quante cinture a letto ci sono? Nel pai siamo in grado di creare alternative?
A giovedì prossimo per la nostra prossima puntata.
(questo articolo è stato scritto in collaborazione a Barbara Carraro, fisioterapista e felicitatore del Sente-mente ® modello)
Comments
Grazie Letizia Espanoli degli interessanti articoli soprattutto sull’Alzheimer che scrive e che pubblica su Facebook. Felice serata.Claudia Buresta