Alzheimer e quel “Perchè proprio a me?”: note di possibilità per andare oltre il senso di colpa
Le giornate sono scandite da tempo solo sui bisogni della persona di cui ti prendi cura: è la sensazione che talvolta avvolge il carepartner impegnato a interpretare ogni sua richiesta e necessità. Quando la stanchezza fisica ed emotiva sembrano essere arrivate al limite, nella tua mente si insinua quell’idea che sembra pervadere tutto il tuo essere: “ma perché proprio a me?”. Non è importante quanto tu ami il tuo caro in quel momento, il risentimento che provi è per la malattia, per i suoi comportamenti, per le persone che potrebbero aiutarti ma non ci sono, vorresti evitare o sopprimere questi sentimenti ma senti che aumentano in te ansia e tensione.
Luigina ha vissuto l’ennesima notte insonne a causa delle frequenti richieste della mamma Marcella di poter essere aiutata a girarsi nel letto. Da alcuni anni ha scelto di trasferire la sua camera vicina a quella della mamma per poter intervenire la notte quando la sente piangere. Marcella ha ricevuto la diagnosi di demenza due anni fa, da un anno non è più in grado di parlare e Luigina ha imparato a cogliere nelle sue espressioni, a volte nelle sue lacrime, i suoi bisogni, le sue esigenze, anche se spesso il senso di colpa, di impotenza, di frustrazione arrivano a pervadere la sua anima. Entrambe sono sedute a tavola e stanno facendo colazione, inavvertitamente Marcella, per prendere il cucchiaio posto sotto il tovagliolo, rovescia parte del latte contenuto nella sua tazza e Luigina re-agisce alzando la voce: ” Guarda che disastro hai fatto!” Nel momento in cui pronuncia quelle parole Luigina sente come un tuffo al cuore, il respiro sembra fermarsi in gola, vorrebbe riavvolgere il nastro sul quale sono impresse le sue parole, ma il danno è fatto. Marcella osserva il latte versato e subito cerca lo sguardo della figlia e i suoi occhi si riempiono di lacrime esprimendo tutta la sua sofferenza per l’accaduto. Luigina incapace di parlare scoppia a piangere e cerca negli occhi della mamma la sua comprensione, la abbraccia e tra le lacrime pronuncia queste parole: “Perdonami mamma, scusami mamma, è tutto così difficile.”, ed è in quel momento che Marcella inizia ad accarezzare delicatamente il capo della figlia e quel contatto colmo di tenerezza ha il potere di trasformare il turbinio di emozioni che entrambe stanno vivendo. Marcella prende il viso della figlia tra le sue mani e mentre con dolcezza asciuga le lacrime sul suo viso le offre un sorriso e un amorevole bacio.
Come carepartner hai bisogno di non dimenticare mai che la persona che ami sente, soprattutto nel momento in cui tu vorresti essere la persona perfetta per prendersi cura di lei. Questa convinzione è spesso irrealistica e ti conduce a vivere un alto grado di stress che sfocia in episodi reattivi nei confronti della persona che ami. Inoltre il tuo senso di colpa può farti assumere responsabilità che non sono realistiche, come il timore di chiedere aiuto o di farti sostituire nella Cura da altre persone.
Ci sono tre falsi miti sui quali i carepartner si identificano e che creano senso di colpa:
- Pensi di essere un buon carepartner solo se ti prendi cura della persona che ami in modo esclusivo, sempre in ogni istante, trascurando altre attività che fanno parte della tua vita quali vivere il tuo ruolo di moglie, madre, collega, amica. In realtà la Cura che offri al tuo caro è la migliore che potresti donargli, non distruggerti per fornire un’assistenza che tu ritieni ideale, se la persona che ami ha bisogno di un tempo che tu in questo momento non riesci a dare, fatti aiutare e non sentirti in colpa per esserti concesso del tempo per te stesso.
- Se la persona di cui ti prendi cura sembra lentamente perdere autonomia e avviarsi ad un inesorabile declino potresti pensare che tutto ciò sia dovuto al fatto che sei tu inadeguato.
E’ la tua mente che ti inganna, le persone anziane possono vivere un tempo in cui potenziano le loro abilità, un miglioramento continuo non è realistico perché il tempo passa e anche loro inevitabilmente invecchiando sono soggetti al naturale deterioramento fisico e cognitivo.
- “Avrei potuto prendere una decisione diversa”, se questa è una delle frasi che come carepartner ti ripeti perché noti che le cose non stanno andando bene nella vita della persona di cui ti prendi cura, ricordati che nessuno di noi può prevedere il futuro e sapere quali conseguenze avranno le decisioni che prendiamo. Hai fatto una scelta in base a ciò che conoscevi in quel momento ed è sicuramente la migliore che potevi fare.
Cosa puoi fare per cambiare il tuo punto di vista?
- Alleggerisci il tuo senso di colpa e ricorda a te stesso che vivere emozioni depotenzianti sull’assistenza è umano, la vita ci pone davanti a sfide inaspettate ed essere preoccupati per ciò che potrebbe accadere non impedirà agli eventi di crearti sofferenza, sta a te scegliere dove porre l’attenzione.
Tu non puoi fermare, curare o modificare la malattia:
la vita pulsa oltre la diagnosi. La Demenza potrà portare via la ragione, ma non porterà mai via i legami, le emozioni e i sentimenti. La mente si ammala di demenza, il cuore no.
- Modifica il modo attraverso il quale interpreti ogni evento e ogni situazione, ricordati che puoi innanzitutto soffermarti e approfondire l’argomento “vivere la demenza oltre gli schemi”
- Fermati, 5 minuti solo per te capaci di rigenerare l’energia e per far fronte all’impegno della vita concentrandoti e lasciandoti guidare in un “vortice di gratitudine”.
“Le cose più importanti che possiamo offrire ai nostri cari che vivono con la demenza sono la nostra calma, presenza, pace, serenità interiore e gentilezza”.
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