Attento che cadi!
Hai presente quella frase? Quante volte ti sei sentito ripetere queste parole da bambino e quante volte hai pronunciato la stessa frase senza pensarci, in automatico, nei confronti di tuo figlio o di un altro bambino in qualche situazione di vita quotidiana? Diciamoci la verità: molte, forse moltissime volte. Sembra una banale espressione comune, assolutamente innocua. Eppure non lo è affatto, anzi!
Fermati un attimo, chiudi gli occhi e osserva cosa accade dentro di te quando pronunci quelle parole a voce alta, usando anche con quel tono di voce che è solito accompagnarle: quali immagini interiori si formano e come ti fanno sentire?
A questa domanda, la maggior parte delle persone risponde: ansia, paura, pericolo… Anche tu? Beh sappi che in quel momento è esattamente quello che suggerisci a tuo figlio, contagiandolo con la tua emotività e attirando la sua attenzione sul fatto che non è capace di controllare il suo corpo ed i suoi movimenti. Oltre a distrarlo nel momento in cui ce la sta magari mettendo tutta per concentrarsi e riuscire nel suo intento!
Cosa accade nello stesso tempo nel suo cervello? Le tue parole attivano istantaneamente la parte più antica del suo cervello, il così detto “cervello rettile”: quella zona deputata a identificare i pericoli e le minacce, e a rispondere nella maniera più veloce possibile, con l’unico scopo di tenerci in vita. A catena entra in gioco l’amigdala, quella piccola struttura responsabile della reazione che avrà tuo figlio: è come se un bottone “panico” venisse schiacciato.
Il risultato? Una massiccia cascata di ormoni, principalmente cortisolo e adrenalina, vengono secreti e una enorme quantità di impulsi elettrici vengono attivati. Hai scatenato uno stato di allerta che viene chiamato Fight Flight Freeze. Davanti alla minaccia rimangono tre opzioni: combattere, scappare o congelarsi… E come minimo, tuo figlio cade!
A quel punto magari ti scappa pure da dirgli “Eh, te l’avevo detto!” E il “gioco” è fatto: come pensi che si possa sentire tuo figlio? Quale impatto avrà questa esperienza emotiva? Lo avrai aiutato a costruire la fiducia nelle sue capacità di imparare? Lo avrai incoraggiato a credere nelle sue possibilità di cavarsela da solo? Ti lascio immaginare e trovare le tue risposte.
E se vuoi evitare tutto ciò, la prossima volta invece di dire “Attento che cadi!”, prendi un bel respiro profondi, conta fino a dieci e impegnati a cambiare le parole dicendo a tuo figlio: “Mantieni l’equilibrio!”
Osserva l’effetto che producono queste parole dentro di te. Noti la differenza? C’è ed è enorme. La parola “equilibrio”‘ corrisponde a quella qualità fisica che ti permette di rimanere in piedi senza barcollare e senza cadere. Crea un’immagine di padronanza di sé, anche a livello emotivo e mentale. Usando questa parola, neutralizzi il cervello rettile di tuo figlio (e il tuo!), attivi il suo cervello limbico e emotivo, sottolineando la fiducia che riponi nel fatto che possa essere capace di farcela.
Non solo, sposti la sua attenzione dalla paura di cadere verso la possibilità di conquistarsi la stabilità. E anche tu ti sposti verso questa nuova prospettiva. Rimodellando il tuo modo di esprimerti, trasformi concretamente la realtà di ciò che state vivendo entrambi:
Offri a tuo figlio la possibilità di crescere in un atteggiamento attivo (ma anche consapevole e responsabile) senza bloccarlo e senza costringerlo a subire la proiezione della tua emotività. (cit. Alli Beltrame) Pensa quanto potere hanno le tue parole!
Se non l’hai ancora letto, ti invito a scoprire la fiaba splendidamente narrata di “Alice Cascherina”, di Gianni Rodari. (Rodari, G. (1995) – Favole al telefono. Trieste: Einaudi, pp. 28-29). Lasciati ispirare da questa meravigliosa metafora del peregrinare alla ricerca di se stessi, dell’esplorazione del mondo mosso da mille e una curiosità. Un affascinante esempio di “cadute” seguite da instancabili “rimesse in piedi”, appassionato come solo i bambini sanno essere. Nel cadere ogni bambino, di cui Alice incarna una delicata metafora, impara a conoscere ciò che è giusto o sbagliato, a distinguere le emozioni proprie e altrui, a vedersi capace e competente nel mondo.
E poiché nessun genitore nasce imparato, sbaglia per amore e ha sempre l’opportunità di migliorarsi strada facendo (anche grazie al potere immenso della neuroplasticità del cervello), scegli di utilizzare le parole giuste per creare la relazione di valore che desideri per te ed i tuoi figli. Inizia subito il tuo allenamento: a livello neurologico per integrare una nuova abilità è necessario ripeterla tra le 1.500 e le 5.000 volte!
Se vuoi allenarti in compagnia, iscriviti al prossimo #Giornifelici Caffè dei genitori. Scrivi a dali.lydia@gmail.com e riceverai tutte le info per partecipare a questo appuntamento gratuito. Ti aspettiamo!
#lydia_felicitatrice