Una scelta responsabile: diamo parola alla vita e non alla malattia
Le parole che scegliamo possono creare un ponte con l’altra persona oppure costruire barriere limitanti.
Il mondo socio-sanitario ha bisogno di rinnovare il suo linguaggio, che troppo spesso è focalizzato sulla malattia e sui relativi sintomi, lasciando in secondo piano la persona con la sua identità e dignità.
Come familiari e professionisti della relazione di cura abbiamo la responsabilità e l’onore di creare uno spazio speciale dedicato alla vita oltre la diagnosi, alle possibilità che vanno oltre i limiti, alla persona e non alla somma dei suoi sintomi, all’autoefficacia e non all’impotenza.
Nessuna pretesa di perfezione, ma la vita è una palestra quotidiana per sentire e condividere un linguaggio colmo di dignità.
Sicuramente le parole da sole non bastano, ma il linguaggio è un ingranaggio importante, che condiziona non solo le nostre giornate, ma anche la qualità delle relazioni.
Questo non significa che attraverso il linguaggio si possono eliminare le fatiche e le difficoltà dettate dalla malattia, ma anche le parole possono essere uno strumento che agisce sulla qualità della vita.
Attraverso le parole possiamo scegliere dove porre la nostra attenzione, infatti possiamo notare la differenza tra l’affermazione “sono un malato di demenza” e il dire “sono Pietro e con-vivo con la demenza”.
Possono sembrare semplici e banali sfumature, ma la prima frase fa prevalere la malattia sulla persona, mentre la seconda crea spazio all’identità della persona nonostante la diagnosi.
Ogni parola è come un piccolo seme che può far radicare convinzioni ed etichette, ma anche far germogliare nuove azioni con diverse risonanze emozionali.
Per andare oltre a quel linguaggio ormai abitudinale e di circostanza, occorre allenarsi ad un linguaggio consapevole che generiamo dal nostro “sentire” ancor prima di parlare. Ciò che diciamo può fare la differenza, per noi e per gli altri.
Iniziamo da ora: proviamo ad ascoltare e sentire il nostro linguaggio, accogliamo queste parole e trasformiamole in fari che illuminano le possibilità.
Da familiare e Felicitatrice del Sente-Mente® Project ho vissuto il reale cambiamento da quando ho scelto di disegnare la mia strada, non con parole che limitano o sottolineano ciò che la malattia porta via, ma con parole che aprono a nuove possibilità.
Facile? No, ma possibile. Vivere la fatica per sottolineare la malattia o allenarsi con fatica per s-velare nuove parole colme di bellezza che onorano questa vita?
Caro lettore desidero proporti una piccola e semplice esperienza per perfezionare il linguaggio e scegliere le parole con più consapevolezza.
Quali sono le parole che abitualmente utilizzi per descriverti?
Quali parole scegli per raccontare chi sei?
E se sei un familiare di una persona che convive con una malattia oppure una persona che vive la sua professionalità in ambito socio-sanitario, quali parole utilizzi durante la relazione di cura?
Scrivi alcune di queste parole su un foglio e accanto crea un linguaggio che riconosca l’identità e onori la vita.
Senza accorgermene, mi capitava di dire “Nonna ti porto a letto”, ma mia nonna non è un oggetto, è una persona, quindi “Nonna se ti va ti accompagno in camera e andiamo a letto…”.
Ogni giorno puoi esplorare nuovi modi partendo da dove sei e con quello che hai.
Il meglio ce l’hai…sei tu!